Anna                                                                                                                                 torna indietro

a me non sembrava di avere paura

Prima del 1976, anno delle prime assemblee di donne in fabbrica, della nascita del Coordinamento donne lavoratrici e poi del Coordinamento Donne FLM, per me c’è stato l’autunno del 1975.

Nella sede del ‘Manifesto’, in via Ponte Reale, io partecipavo a vari tipi di riunioni. Prima di cominciare a lavorare in Italsider avevo partecipato a riunioni in cui si discuteva della Scuola. Erano gli anni dell’entrata in vigore dei Decreti Delegati per la partecipazione di studenti e genitori alla gestione della scuola.

Ma adesso io appartenevo al mondo della Fabbrica, ero una ‘metalmeccanica’, non avevo più un gruppo di appartenenza, ero un po’ spaesata.

Qualcuno mi dice che c’era una compagna che faceva l’impiegata in Ansaldo che voleva costituire un gruppo di lavoro per discutere e riflettere sul ‘rapporto donne e tecnica’. Fu così che conobbi Pina. Era molto più vecchia di me (così allora mi sembrava), sapeva tante cose, citava Pasolini, diceva che le donne erano sempre state escluse dalla ‘tecnica’, non solo perché così voleva il potere maschile ma perché esse stesse si autoescludevano, perché avevano paura.

Solo attraverso la conquista della tecnica le donne potevano pensare di uscire dal ghetto familiare dove sempre, dopo ogni uscita, sarebbero state ricacciate.

Chissà se Pina si riconoscerebbe in questa mia riduzione del suo pensiero, ben più complesso e articolato, ma queste erano le prime impressioni che ricevetti.

A me non sembrava di avere paura, né che il mondo del lavoro così maschile in cui ero inserita mi tenesse fuori dai cancelli del potere e delle scelte. Come mi sbagliavo!!!

Cominciammo a riunirci e a discutere. Nessuna di noi aveva fatto parte dei gruppi di donne che avevano fatto il neofemminismo a Genova a partire dagli anni ’70, ma la loro esperienza era entrata in qualche modo a far parte di noi e da subito intuimmo che dovevamo partire da noi, dal nostro personalissimo vissuto per capire noi, il mondo  e per produrre azioni di cambiamento della nostra vita e della società, dentro e fuori la fabbrica.

Sentivamo che non bastava il confronto tra di noi, avevamo bisogno, subito, di fare due cose: farci ‘vedere’ nei nostri luoghi di lavoro, dentro il nostro sindacato; aprirci e quindi trovare luoghi dove incontrarci e confrontarci e avere forza con tante altre donne lavoratrici e studentesse e casalinghe.

Eravamo una meravigliosa sintesi di cultura delle donne e di cultura del nuovo sindacato unitario dei metalmeccanici.

E così cominciammo a tessere la nostra tela e a dire e a fare azioni ‘dirompenti’.

“Volete fare un’assemblea di sole donne? Ma siete pazze! La classe operaia non si rafforza con le divisioni, tanto meno di ‘genere’”.

In Italsider Sede avevano fatto un questionario per le donne, anche noi lo facemmo in fabbrica, dove donne eravamo proprio poche e convincemmo i rappresentanti del consiglio di fabbrica a darci i permessi sindacali per presentare alle donne i risultati del questionario e per proporre incontri e approfondimenti per partecipare alla preparazione con nostre proposte alla piattaforma del nuovo contratto.

Il 27 aprile 1976 si fece nel teatro del circolo aziendale, di fianco a villa Bombrini, la nostra prima assemblea: avevo compiuto da due giorni 26 anni e mi sentivo grande e forte.

Mi ricordo che ero agitata, dovevamo decidere che cosa dire e con che ordine parlare. Ma poi tutto fu facile, le altre donne ci ascoltavano con attenzione, si stabilì subito una corrente di comprensione, di affetto, tra noi, le organizzatrici e tutte le altre partecipanti.

Quando l’assemblea finì e si sciamava verso l’uscita, una donna che a me sembrava molto più vecchia di me, ma adesso penso avesse poco più di quarant’anni, mi ha preso le mani tra le sue e con le lacrime agli occhi mi ha detto:

‘Grazie! Hai detto quello che avevo nel cuore da anni e non riuscivo non solo a dire, ma nemmeno a pensare, così chiaramente’. Ci siamo abbracciate.

E’ uno dei più bei ricordi di quegli anni.

Settembre 1976, dopo il Seminario a Fiesole nasce a Genova il Coordinamento donne FLM, passaggio dal Coordinamento donne lavoratrici.

Di Fiesole ricordo il clima festoso, il gran discutere e il divertirsi alla sera a fare i tarocchi. Ricordo le tante donne intelligenti arrivate da tutte le parti d’Italia.

Ricordo lo stupore di scoprire che contemporaneamente in tanti posti diversi ci facevamo le stesse domande e ci davamo le stesse risposte.

E mi ricordo Luca, il piccolo figlio di tre anni di Luisa, una compagna dell’Italsider, che mangiava solo pasta al burro e bistecca e dormiva nel letto con la sua mamma ed era così bello che fosse lì con noi, simbolo vivente del nostro nuovo modo di fare politica e sindacato.

Novembre 1976, nascita del primo corso 150 delle donne “il territorio delle donne”.

Titolo più bello non poteva avere, il nostro territorio da scoprire era dappertutto, a partire dall’Università di Lettere che non ci voleva concedere l’autorizzazione e il riconoscimento giuridico (necessario per avere il permesso delle ore pagate dalle aziende).

E allora noi siamo andate ad occupare il Consiglio di Facoltà in via Balbi. Si decise che avrei io per prima esposto le nostre ragioni.

Parlai con passione e con emozione, lì in quell’aula magna dove avevo discusso la mia tesi di laurea solo due anni prima e a me sembrò mille anni prima, una vita prima, quella sensazione me la ricordo fisicamente ancora adesso.

Sentivo nel corpo la lontananza tra quel mondo di studio e il mondo del lavoro a cui adesso appartenevo (restava la riconoscenza a Wittgenstein e all’amico che mi aveva aiutato a fare la tesi su quello strano filosofo austriaco che mi aveva aperto le porte dell’Italsider e di quel mondo di donne forti e amichevoli).