Pina                                                                                                                                     torna indietro

Un anno in un secolo: 1976

 

Un’agenda del 1976 si è salvata tra le vecchie carte. Un fermaglio n. 6 ne pinza le prime pagine con un residuo di agendina. Mi costringo a sfogliare paginette e poi le pagine non troppo velocemente. Ci sono citazioni del primo Socialismo tedesco degli anni ’20 del ‘900 e poi domande mie e di donne compagne insieme a date, appunti, nomi, numeri telefonici, appuntamenti commenti.

Scegliere. Scelgo. Domande:” Che cosa è la tecnica? Quanti usi facciamo di questo termine? La tecnica presuppone la scienza? Che cos’è la scienza delle tecniche? Divisione del lavoro come tecnica del potere? Tecniche del lavoro domestico come tecniche di subordinazione. Alla base dell’insieme dei lavori domestici ci sta l’invenzione di bisogni utili a un “ potere” che divide, sopraffa, si autocrea? Ho l’impressione che oggi, anno 2008, la cultura degli uomini si occupi anche di alcune di queste domande.

Mi è più lieve leggere i nomi delle compagne delle fabbriche metalmeccaniche e non solo metalmeccaniche, della Valpolcevera e non solo di queste:

ANSALDO, AMN, CONTROLLI E, ELSAG, FUXIA, GARDELLA, ITALIMPIANTI, IREL, IMPA, LIGURE LATTA, MARCONI, MIRALANZA, PERINO, PIAGGIO, SANTO D’ASSO, SALCON, TUBETTIFICIO LIGURE… tanto tempo fa avrei voluto andare a filmare ciò che restava di vecchie strutture industriali mentre queste erano ancora in funzione, ora ci saranno ancora i muri di tante di queste?

Poi la mia agenda propone tanti luoghi di lavoro che non erano fabbriche: noi volevamo integrare nel lavoro politico con le donne qualunque spazio lavorativo, i Servizi, la Scuola. Come dicevano gli antichi greci per un attimo penso che un dio Pan avesse suscitato in molte di noi un soffio di passione alquanto intriso di onnipotenza.

“23 giugno 1976, cara Gianna, dobbiamo vederci per discutere il documento FLM, come vogliamo le assemblee di donne in fabbrica secondo quel discorso dell’isolamento delle donne nel lavoro…. Le 250 ore organizzativamente, i contatti con la Val Bisagno, gli incontri con l’U.D.I., con il Coordinamento femminista, strumenti, luoghi come i Consultori…”

Notti insonni e sere appassionanti ci confermavano che molte donne volevano aprire il cortile di casa alla Politica. Noi, donne metalmeccaniche nei Consigli di Fabbrica seguivamo attente i discorsi dei sindacalisti, prendevamo appunti tipo: “Da due anni la politica deflattiva è fallita…”, “Il sindacato deve gestire un fondo per la riconversione… “, “ Il pericolo più grosso è che lo scontento degli impiegati sia qualunquistico…”

Non trovo la data del Convegno di una giornata a livello regionale, delle delegate e lavoratrici delle fabbriche metalmeccaniche nella sede provinciale dell’FLM di Genova, Convegno che discute la gestione del documento della FLM nazionale per l’elettronica, nell’ipotesi di poterlo utilizzare ed estenderlo a tutte le categorie. Si ritiene indispensabile, per la ricchezza del dibattito, che il Convegno debba essere aperto alla partecipazione delle donne in quanto tali, di tutte le categorie, comprese le casalinghe, studentesse, disoccupate”

Non avevamo infatti capito che il personale è politico, il privato un aspetto del pubblico?

Guardo le gialle infiorescenze che si stanno aprendo, le mimose. Per noi donne di allora erano simbolo di continuità con la Resistenza antifascista e un progetto reale di cambiamento nel rapporto uomo/donna. Intorno alle festa dell’8 Marzo si svolgevano scontri e furori contro i compagni nelle sedi di partiti e movimenti politici. Oggi, quando vedo uno straniero che non può sapere, e cerca di vendermi un mazzetto di mimosa come la palma pasquale nella strada che porta ad una chiesa, non so cosa fare. Dico no, chiedendomi, chissà che anche questo non sia integrazione.

I giornali di questi giorni, mi raccontano, attraverso documenti desecretati, che nel 1976 la diplomazia britannica formulò l’ipotesi di un colpo di Stato in Italia ma, dopo incontri segreti con le cancellerie del mondo occidentale si convinse che non era il caso. L’ ambasciatore britannico scriveva al Foreign Office : Gli italiani, pur immersi nella tristezza, frustrazione, incompetenza, corruzione, continuano ad essere un popolo duttile e molto operoso. Ma condivido l’idea che non sono maturi per la rivoluzione”. Io penso: e le italiane?

Ma per ciascuna di noi che ha vissuto quel tempo, negli spazi di pensiero ed emozione che sono stati un teatro spesso pericoloso, non credo che ci sia rammarico per aver vissuto quel tempo in quegli spazi. Fu un privilegio storico della nostra generazione.