Non è un gioco da ragazze

Femminismo e sindacato: i Coordinamenti donne FLM

 

 

Laura Varlese, Anna Frisone e Giovanna Cereseto tra il 2007 e il 2008 hanno discusso, presso diverse sedi universitarie, tesi di laurea che analizzano diversi aspetti della esperienza politica delle donne metalmeccaniche tra il 1975 e il 1983.

Molto del materiale documentario utilizzato per le tesi è custodito nell’archivio “Coordinamento Donne FLM” presso il Centro Ligure di Storia Sociale di Genova.

Le tesi sono state successivamente rielaborate e pubblicate nella collana “Storia e memoria” di Ediesse, col titolo “Non è un gioco da ragazze – Femminismo e sindacato: i Coordinamenti donne FLM”. Il libro si trova in libreria o presso le sedi della CGIL, prezzo 20

 

 

 

 

Per saperne di più:

Indice del libro, presentazione di Anna Giacobbe, prefazione di Anna Rossi Doria

 

 

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Il Coordinamento nazionale donne FLM (1976 – 1984)

di Laura Varlese

 

Qualche settimana prima di iniziare la mia tesi di laurea, quando ero ancora alla ricerca di un argomento, ebbi la fortuna di parlare con alcune donne che avevano partecipato all’attività sindacale negli anni Settanta. Furono loro, durante i nostri colloqui, a suggerirmi di intraprendere uno studio sul femminismo sindacale, fenomeno solo italiano ed ancora del tutto inesplorato dalla storiografia, nonché completamente rimosso dalla memoria collettiva.

Fondamentale per la realizzazione della ricerca si è rivelata la presenza di alcuni fondi sindacali – in particolare quello della Fiom-Cgil, conservato presso l’Archivio del Lavoro di Sesto San Giovanni – e di un archivio raccolto e riordinato dalle protagoniste del Coordinamento donne Flm di Genova ed ora consultabile presso il Centro Ligure di Storia Sociale. La possibilità di visionare le carte riordinate dalle donne di Genova, che contengono documenti di livello sia locale che nazionale, è stata cruciale per lo svolgimento dello studio, come forse dimostra il fatto che nello stesso periodo, senza alcun tipo di reciproca influenza, sono state prodotte tre tesi che hanno utilizzato l’archivio appena descritto.

Oltre alle motivazioni di tipo soggettivo e alla concreta possibilità di disporre di fonti documentarie, hanno contato, nella scelta del tema, anche riflessioni di carattere metodologico; mi riferisco alla necessità, già avvertita da alcuni studiosi, di colmare un vuoto che riguarda sia la storia del femminismo, ancora lacunosa e incentrata per lo più sul femminismo radicale, sia quella del movimento operaio, particolarmente resistente alle suggestioni provenienti dalla storia delle donne, nonostante la narrazione delle vicende sindacali negli anni Settanta appaia monca e incompleta senza il riferimento alla parte femminile di quell’esperienza.

La mia tesi ricostruisce le vicende del Coordinamento nazionale donne Flm, organismo creato nel 1976 dalle donne del sindacato unitario dei metalmeccanici per raccogliere e raccordare tra loro i gruppi autonomi femminili nati in alcune realtà provinciali e per stimolare la formazione di nuclei simili in zone che non avevano ancora vissuto un’esperienza del genere.

Il Coordinamento nazionale si interrogò a lungo sulle difficoltà della partecipazione femminile all’attività politica, sindacale e lavorativa, giungendo alla conclusione che non vi sarebbe stato pieno accesso delle donne alla sfera pubblica fino a quando non fossero stati rimossi gli ostacoli materiali (fardello domestico, doppio lavoro a casa e in fabbrica) e culturali (un’organizzazione della vita e del lavoro totalmente “a misura d’uomo”) che ne impedivano l’ingresso. Alcune proposte del coordinamento furono: anzitutto la sollecitazione di momenti di incontro e dialogo tra sole donne in fabbrica e nell’organizzazione sindacale, e dunque la nascita e la legittimazione da parte della Flm dei coordinamenti. Inoltre, la promozione di corsi 150 ore per le donne incentrati, tra le altre cose, sulla salute della donna, sulle condizioni di lavoro in fabbrica, su aborto e maternità e finalizzati a sollecitare la presa di coscienza delle lavoratrici, delle casalinghe, delle disoccupate e delle studentesse. Infine, la trasposizione dei contenuti elaborati dalle donne nelle piattaforme e nei testi contrattuali, e la modifica radicale della struttura sindacale e dell’organizzazione del lavoro e della vita privata.

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Vogliamo il pane ma anche le rose – Le 150 ore delle donne

di Anna Frisone

 

Nel mio caso l'impegno politico orientato all'affermazione dei diritti delle donne e alle loro lotte è venuto prima rispetto ad un interesse di tipo accademico ed in particolare storiografico.

Avendo inoltre una mamma ex sessantottina e femminista, mi è parso interessante rivolgere la mia attenzione all'analisi del neofemminismo nel suo sviluppo locale - a Genova.

I contorni del lavoro sono poi andati delineandosi piano piano. Ho deciso di condurre le mie ricerche a partire dalla raccolta di testimonianze orali tra le protagoniste d'allora per dar conto di alcuni tra gli aspetti centrali della pratica femminista: la presa di parola e l'autocoscienza. L'oralità fu infatti un tratto caratterizzante del movimento femminista degli anni Settanta in tutte le sue fasi e ho ritenuto fondamentale tentare di restituire la ricchezza di quel confronto e dialogo tra donne.

Ho quindi realizzato lunghe interviste poi depositate presso il Centro Ligure di Storia Sociale: qui, infatti, alcune donne che avevano animato l'esperienza cittadina delle “150 ore”, avevano già costituito un fondo d'archivio attraverso la raccolta del materiale grigio prodotto all'epoca.

La tesi ha assunto una forma bipartita. Nella prima sezione si fornisce un quadro dello sviluppo dei gruppi neofemministi cosiddetti radicali nati a Genova nei primi anni Settanta sulla scia del coinvolgimento di molte ragazze nel movimento studentesco del Sessantotto o della militanza all'interno di gruppi politici della sinistra extraparlamentare. Le realtà sorte ad animare il panorama cittadino dei centri delle donne furono molti: dal collettivo nato in seno al Manifesto e poi resosi autonomo, passando per un collettivo di donne impiegate all'interno dell'Università, per arrivare ad un esempio radicale di rigido separatismo come la Casa della Donna di vico S. Marcellino. In ogni caso i percorsi biografici delle donne intervistate s'intrecciano a più riprese nell'ambito delle grandi battaglie pubbliche per i diritti civili (divorzio e aborto) che, seppur in forme diverse, coinvolsero in quegli anni l'intero movimento neofemminista.

Nella seconda sezione è approfondita invece la contaminazione della politica sindacale nelle grandi industrie del ponente cittadino da parte del pensiero e delle pratiche femministe, con particolare attenzione all'esperienza dei corsi “150 ore delle donne”. La federazione unitaria dei metalmeccanici (FLM), con il rinnovo contrattuale del 1973,  aveva ottenuto per i lavoratori la possibilità di frequentare corsi universitari per la propria formazione culturale in senso lato; le donne del sindacato – forti di una presa di coscienza collettiva che si stava realizzando allora in tutta Italia e nel mondo occidentale – decisero di utilizzare questo strumento di cultura ed emancipazione declinandolo, in modo autonomo ed originale, al femminile. Dal 1977 al 1983 si svolsero a Genova, tra la facoltà di Lettere e quella di Medicina, corsi semestrali interamente organizzati dalle donne per le donne e dedicati a tematiche cardine dell'analisi femminista quali la costruzione sociale, storica e medica del corpo, l'intersezione tra lavoro domestico ed extra-domestico, la relazione tra sfera privata e pubblica, ed altre ancora.

Il patrimonio di esperienze, analisi e conquiste politiche realizzate dal movimento neofemminista e dal femminismo sindacale è ricchissimo eppure misconosciuto: sia a livello di ricerca storiografica che a livello di memoria collettiva nazionale risulta quanto mai urgente un impegno in tal senso, intrapreso con la consapevolezza – richiamata dalla storica Anna Rossi Doria – che “per scrivere la storia del femminismo degli anni Settanta occorrerà riuscire a intrecciare, come esso ci aveva insegnato a fare, ragioni e sentimenti”.

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Percorsi di giornalismo sindacale. Il Coordinamento donne FLM di Genova

di Giovanna Cereseto

 

Alla base della scelta del tema della tesi c’era l’interesse di analizzare le forme linguistiche e dell’informazione sindacale in un periodo fecondo di cambiamenti sociali, politici ed economici come quello racchiuso tra gli anni ’70 e l’inizio degli anni ‘80.

In quel periodo, a seguito della costituzione della Federazione nazionale unitaria di categoria, la stampa dei metalmeccanici ebbe una significativa evoluzione, e si dotò per la prima volta di strumenti unitari di comunicazione. Nel 1970 nacque infatti “Unità operaia”, mensile che visse però solo fino al novembre 1973, e nello stesso anno uscì il primo numero dei “Consigli” il cui compito fondamentale e prioritario era la comunicazione con il quadro dirigente della FLM fino ai delegati di fabbrica e di zona.

Ma quelli citati furono anche gli anni in cui avvenne l’incontro tra femminismo e movimento operaio, fatto che aprì nel sindacato una contraddizione segnata da momenti di resistenza e di scontro, forse non ancora completamente risolti. Era  il tempo in cui si formarono i coordinamenti donne nelle fabbriche, coordinamenti che si impegnarono su diversi temi, dalla salute alle 150 ore, dallo studio sulla condizione femminile nelle fabbriche ad interventi mirati nelle stesse realtà lavorative. Genova non si sottrasse all’incalzare degli avvenimenti, anzi. Il Coordinamento genovese della Flm genovese fu uno dei più attivi e forse proprio per questo in qualche caso fu anche ostacolato dal gruppo dirigente maschile. Molto materiale e molti spunti di riflessione per lo studio quindi sono arrivati sia dall’interno del mondo sindacale, sia dall’esterno con - al centro del lavoro di ricerca - il rapporto tra i giornali dell’epoca, la stampa sindacale e il sindacato al femminile.

La fonte principale dell’indagine sono stati i documenti conservati nel Fondo del Coordinamento Donne FLM di Genova, presso il Centro Ligure di Storia Sociale, Questa documentazione era stata messa a disposizione del pubblico solo a partire dal 2006, e al momento della mia ricerca non era ancora stata oggetto di studio e verifica.

Una delle maggiori difficoltà della ricerca è stata proprio il fatto che nessun altro tipo di studio era stato fatto in precedenza sull’esperienza genovese e che, oltre a mancare totalmente una analisi sull’approccio dei media a questo particolare aspetto al “femminile” del sindacato, non esistevano, sul tema, nemmeno ricostruzioni storiche.

Gli anni esaminati sono quelli che vanno dal 1976, anno di nascita del Coordinamento Donne FLM Genova, al 1984, anno in cui di fatto termina la prospettiva unitaria. Per una miglior comprensione dell’evoluzione del linguaggio giornalistico e sindacale sono state tuttavia necessarie alcune digressioni anche negli anni precedenti.

Altre due fonti importanti sono state l’Archivio Storico della CGIL nazionale, che rappresenta una vera e propria miniera di documenti, pubblicazioni e foto dal 1944 ad oggi, e l’Archivio online di “Rassegna Sindacale”. Basandoci su di esse è stato possibile analizzare i testi giornalistici, quelli della stampa sindacale e infine il materiale di propaganda.

La ricerca si divide in tre capitoli: La FLM e la stampa, l’informazione e il mondo del lavoro al femminile, e il cosiddetto “materiale grigio”, cioè volantini, manifesti e testi di approfondimento su questioni sindacali, di lavoro, economiche e sociali.

Il punto di partenza è il processo di unificazione dei metalmeccanici, che ebbe la sua formalizzazione proprio a Genova, dove ai primi di ottobre del 1972 venne costituita la FLM, Federazione dei Lavoratori Metalmeccanici.

“FLM Notizie” dedicò un numero interamente al meeting genovese. E’ di grande interesse il fatto che una parte di questa pubblicazione, indirizzata soprattutto a dettare le linee programmatiche e organizzative per la neo nata Federazione, venne completamente dedicata al ruolo e all’importanza dell’informazione.

Il secondo capitolo focalizza l’attenzione su come le donne usarono la stampa come veicolo di condivisione con le altre donne e anche per accrescere la considerazione delle controparti, formate da uomini, capi, ma anche da altre donne. I media vengono utilizzati dalle donne come strumento di rivendicazione ed emancipazione. Ma non solo. All’interno della stampa sindacale si assiste ad un fiorire di interventi, articoli e rivendicazioni sui temi maggiormente dibattuti, sul ruolo della donna nella società, la salute sul lavoro e il ruolo dei consultori, la formazione, l’orario di lavoro con il part time, ecc.

Il terzo e ultimo capitolo si concentra infine sulle pubblicazioni “da” e “per” il mondo del lavoro, a partire dai giornali di fabbrica, per arrivare a quello che abbiamo prima chiamato “materiale grigio”.

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A. Rossi Doria, Ipotesi per una storia del neofemminismo italiano, in Dare forma al silenzio, cit., p. 243.