Aurea 1973

Il primo incontro con la fabbrica                                                                                                                   torna indietro

 

Il mio primo incontro con la fabbrica: nell'anno 1970 avevo 21 anni e lavorai per un breve periodo in centro città in una ditta che costruiva arredi in legno e metallo, lì gli operai erano tutti uomini, e se mentre loro rischiavano la silicosi per la polvere acida del "legno mansonia", a me in ufficio, al piano di sopra, arrivava la polverina più volatile e sottile che in pochi mesi mi riempì i bronchi e mi procurò epistassi continue, costringendomi al licenziamento.

Sicurezza sul lavoro? Pochissima! una mascherina per gli operai, nessuna per me. In quegli anni per un giovane diplomato c'erano molte opportunità di lavoro ed infatti mi impiegai subito in una grossa agenzia privata di turismo. Li ebbi il primo incontro con il sindacato, a causa di una clamorosa ingiustizia verso un collega da parte del padrone dell'azienda, insieme ad altri compagni di lavoro mi iscrissi alla CGIL , ma in quella azienda privata era difficile avere tutela, si poteva essere licenziati, anche con motivazioni "inventate". Si lavorava in media dodici ore con un piccolo intervallo e nei periodi di maggior attività non si andava a casa se non era finito il lavoro, anche a notte fonda. Il desiderio del posto fisso a 8 ore, e con tutele certe, mi portò a cercare un altro posto di lavoro, così nel 1973 entrai all'ufficio commerciale della Divisione Navale in Elettronica San Giorgio, ufficio marketing e vendite all'estero. Una fabbrica allora in espansione, avevo fatto due colloqui con due ingegneri di diverse divisioni, signori dell'età di mio padre. Uno dei due mi telefonò il giorno dopo per chiedermi di vederci per un altro incontro e per conoscerci meglio, ma … fuori dalla azienda. Gli risposi che non avevo nessun interesse a conoscere lui personalmente, ma il tipo di lavoro che sarei andata a svolgere, pertanto se voleva rivedermi sarebbe stato in Elsag e non altrove, e per motivi di lavoro. Non era un buon inizio, ma non mi persi d'animo. Il primo giorno di lavoro trovai il suo ufficio proprio di fronte al mio, l'occasione di dargli una stoccata venne al mio primo sciopero, mi disse che avevo il dovere morale di avvertirlo che mi sarei assentata, gli risposi che di morale lui proprio non poteva parlarne, ne avevo più io nel dito mignolo che lui in tutto il suo corpo, inoltre i manifesti dello sciopero erano stati affissi ovunque in fabbrica.

Al successivo sciopero, con il nastro adesivo gli attaccai il volantino sulla scrivania. Da allora si comportò con rispetto e almeno per me la battaglia fu vinta, purtroppo ebbi occasione di notare che era persona usa ad avere atteggiamenti "lubrichi" con altre giovani donne e che sfruttava la sua posizione di capo per ottenere "favori".

Il mio lavoro era molto vario e grazie ai colleghi con più esperienza ogni giorno imparavo cose nuove In Elsag allora c'erano circa 250 donne, poche le laureate nei reparti tecnici e di ricerca, le impiegate negli uffici commerciali ed amministrativi erano in gran parte diplomate, delle operaie alcune donne erano addette alle macchine per riproduzione documenti  e la maggior parte lavorava nel reparto "cartoline", in un grande stanzone dove sedute ai loro banchi con il saldatore in mano, applicavano con meticolosa precisione i componenti alle schede elettroniche, che andavano poi collocate negli apparati .

 Il mio lavoro mi portava qualche volta nei reparti tecnici, ma la maggior parte delle impiegate non entrava mai in officina. Si percepiva allora una certa diffidenza delle operaie nei confronti delle impiegate, sicuramente dovuta al diverso comportamento dei colleghi e superiori "più rispettoso" verso le impiegate. I loro stipendi ma anche i nostri erano inferiori per la maggior parte a quelli degli uomini impiegati ed operai anche quando il lavoro svolto era lo stesso. Nel 1974 venne la prima assemblea in fabbrica: ero molto emozionata di trovarmi li a condividere con moltissime altre persone, richieste ed aspettative molto importanti , ero diventata una lavoratrice "metalmeccanica". Al mio primo sciopero: mi trovai dietro uno striscione della fabbrica insieme a molti uomini e poche altre donne, in maggior parte operaie . Camminando o sedendoci davanti ai cancelli della fabbrica ci si conosceva a vicenda e pian piano la diffidenza si sciolse, ci raccontammo delle nostre rispettive esperienze di lavoro, di come fossero comuni le nostre storie ed il modo di vedere l'ambiente che ci circondava, ad esempio : di quanto era difficile avere permessi anche non retribuiti per assistere figli e famigliari, mentre i colleghi uomini usavano i permessi per andare alla partita di pallone o a caccia, la maggior parte delle donne uscivano la sera di corsa per andare a svolgere un altro lavoro, quello domestico non retribuito, e gli uomini si fermavano a fare straordinario (anche se non ve ne era urgente necessità). Non c'era più il cottimo, ma consentire lo straordinario era un metodo di "discriminazione" molto usato.

Il lavoro in fabbrica mi ha fatto migliore come donna, anche se l'inizio era stato squallido, ho conosciuto tante persone meravigliose con le quali è stato bello e giusto partecipare alle lotte sindacali di quegli anni. Da allora ci sono state molte prime volte condivise con altre donne lavoratrici.