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Estate 2011: indice degli argomenti e trascrizione dell’incontro. Cliccando andate su quello che vi interessa

 

Si è detto di parlare di matrimonio. Da che punto lo prendiamo? Ogni argomento può essere guardato da un numero molto grande di punti di vista. Il Marx estremista delle "cinque abolizioni", e il Marx maestro di etica. Anna: sposarsi nel 1975 un mese dopo l'approvazione del nuovo Codice Civile. Affermazioni a confronto: "Il personale è politico" e "Il privato è politico". Differenze. Luciana: sposarsi nel 1972, inconsapevole delle leggi, delle regole, del rito, del ruolo. Gabriella: il matrimonio come commiato dalla vita di prima. I due matrimoni civili di Paola: fuga dalla famiglia / festa di coppia. Il matrimonio in Grecia. Arianna, sposata nel 2008 perché la famiglia è la base della società. Però: inserire una scadenza! Che differenza c'è tra famiglia e matrimonio? Luisa: matrimonio unica via di fuga per me praticabile. Il passaggio dal padre al marito. Il rito del sacrificio nel matrimonio: il ruolo di vittima; pensiero connettivo e pensiero sostitutivo in contraddizione perenne; cambiare l'immaginario? Luciana: il paradosso di cercare la libertà nel matrimonio: le parole del rito entrano dentro di te. Il matrimonio felice di Giovanna e la domanda di Pina. Le due esperienze di Gabriella: sentirsi più libera nel matrimonio che in una successiva esperienza di coppia. E' esistita una società basata sulla "circolarità" femminile? Dubbi. La desideriamo? Dubbi. Laura, che non si vuole sposare: il matrimonio non è la base della società. Però è necessaria una tutela giuridica. Anna: meglio una società fondata sui Pacs - dove lo stato è garante della scelta dei singoli - che sul matrimonio, dove lo stato obbliga. Pina: la società è fondata sulla inconsapevolezza dei soggetti socializzati. Conflittualità tra maschile e femminile alla radice della creatività. Aurea: quando cadi nella gabbia che ti costruiscono gli altri. La gabbia interiore. Decidere di uscire dal matrimonio. Il matrimonio regge finché si scopa bene? Il matrimonio non è solo scopare. La condivisione. L'immagine di Eleana: il matrimonio come una medusa che può vivere solo se sottoposta alla pressione di 11000 metri di profondità: se risalisse in un superficie esploderebbe. Paola: immaginiamo il matrimonio come un messaggio, che cosa sto dicendo, e a chi, quando decido di sposarmi? Gloria: non si sposa solo l'uomo, si sposano le famiglie, la gabbia del matrimonio, la ricerca di identità. Possibilità di creatività solo nella solitudine? "Non si può abolire la famiglia” perché non ci sarebbe il mondo spirituale tra coniugi e tra genitori e figli. La nostra è una società matrimoniale e patrimoniale; tutela in cambio di autonomia. Scambi sulla fedeltà nel matrimonio. Le difficoltà di comunicare nel gruppo. La questione del cognome. Tradimento, rottura del patto, libertà. Quale alternativa all'essere mogli? In attesa di una mutazione genetica che permetta alle meduse di salire in superficie. Salvare la famiglia, non il matrimonio. Sesso, matrimonio, amore: perché perdere la "competenza femminile" di non disgiungere il sesso dall’emotività e dall’amore?

 

 

Paola Bene, eccoci qua. Si è detto d'iniziare a parlare del matrimonio, e bisogna decidere da che punto lo prendiamo, cioè in che modo ne parliamo, e in che modo possiamo mettere insieme le nostre esperienze personali sul matrimonio. È stato detto: il matrimonio è un evento che in qualche modo abbiamo tutte incrociato, anche se non ci siamo sposate. Perché i matrimoni possono essere stati i nostri, possono essere stati i matrimoni di persone a noi vicine, a partire da quello dei nostri genitori.

Appunto, non è solo l'esperienza personale attraverso cui ne possiamo parlare. C'è l'aspetto istituzionale e rituale, e come questo è cambiato.

L'altra volta già se n'era iniziato a parlare dal punto di vista della religione cattolica, oppure della possibilità del rito civile. Dobbiamo decidere qual'è il punto di attacco a questo tema.

Luciana B. Ma non solo, anche le differenze soprattutto tra chi è sposato, e chi non è sposato.

Paola Sì. Quando parlavo di esperienza personale, intendevo tutte le sfaccettature da cui il tema matrimonio può essere visto.

Luciana B.Chi non è più sposato...

Paola Chi non è sposato, chi non si è mai sposato, chi non è più sposato … Bene.

Pina Io dico solo tre parole, oltre quelle dette da lei. Ricordiamoci che non solo il matrimonio, ma qualunque argomento noi affrontiamo, può essere guardato da un numero non illimitato, ma molto grande di punti di vista. Per esempio l'argomento lavoro potrebbe essere visto dal punto di vista del lavoro precario, del lavoro istituzionalizzato, del lavoro sotto un profilo antropologico o sociale. Se noi riusciamo, mentre parliamo di un argomento, a vedere sotto che aspetto lo guardiamo, riusciamo a capirci di più. Sicuramente sono stata una di quelle che ha proposto l’argomento matrimonio, e ad un certo momento mi sono sentita come ... come una rompiscatole. Perché vuol parlare del matrimonio? Come fosse qualcosa di contrario ad altre. E siccome in questi giorni ho letto un libro di filosofia, "Storia dell'Etica",ma divertentissimo, di un marxista, Costanzo Preve, ho trovato diciassette righe così simpatiche e divertenti, che ho deciso di leggervele.

“Se Marx Marx fosse rimasto fermo al momento della sbandata estremistica giovanile, e l'estremismo è sempre individualismo in quanto regno individualistico dell'arbitrio dell'intelletto astratto, da Nietzsche a Pol Pot, e fosse passato alla storia come colui che voleva abolire la famiglia, la società civile, lo stato, in nome di una società degli individui sradicati, livellati ed autoreferenziali, meriterebbe soltanto una segnalazione marginale nella galleria delle stranezze paradossali della storia della filosofia occidentale. Ed infatti tuttora questo è il Marx dei cretini.

Ma per sua e nostra fortuna esisteva anche un altro Marx, ben più robusto ed importante. E cioè un Marx maestro di etica. Per scoprirlo però bisogna prima congedarsi dal Marx estremistico ed abolizionista. Il Marx delle cinque abolizioni, che voleva abolire, nell'ordine: la famiglia, la società civile, lo stato, la religione e la filosofia. Questa abolizione avrebbe dato luogo ad un mondo senza rispecchiamento simbolico dell'uomo: la religione; senza problematizzazione dialogica dell'esistenza: la filosofia; senza mondo spirituale tra coniugi, e fra genitori e figli: la famiglia; senza etiche professionali non ideologizzate ma basate sulla competenza: la società civile, ed infine senza ordinamento costituzionale democratico della comunità: lo stato. Il regno dello sradicato. O meglio, il regno della coglionaggigine e della contingenza, cioè dell'individualismo estremo eretto a sostanza ontologica. Tuttavia che il mio maestro Marx sia stato per qualche tempo, mesi, anni, tutta la vita, corrivo con questa furia abolizionistica del dileguare, non mi scandalizza affatto. Chi non ha mai pensato idiozie scagli la prima pietra. Inoltre credo che prima dei trent'anni e dopo i sessanta (risate) tutti abbiamo un diritto, naturale, sovrano all'idiozia, (risate) prima per inesperienza giovanile, e poi per incipiente rincoglionimento senile.”

Luisa ... Abbiamo delle speranze.

Paola Assolte, credo che qui siamo tutte assolte. Perché siamo tutte sotto i trenta o sopra i sessanta. No, Giovanna non è assolta.

Giovanna E Arianna?

Arianna Io ne ho trentadue.

Anna C. Tu e la Giovanna...

Arianna ...Non possiamo parlare, perché dovremmo dire solo cose intelligenti.

Giovanna Cosa che facciamo sempre.

Paola E anche Eleana ...

Arianna Anche Eleana può dire solo cose intelligenti.

Paola Noi possiamo pazziare. Beh, partiamo?

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Anna C. Dico le prime suggestioni che mi sono venute dal prendere in mano questo bellissimo lavoro che avete fatto. La cerimonia di celebrazione del matrimonio civile comprende tre momenti specifici. Chi la celebra dice la lettura degli articoli del codice civile 143, 144, 147. E allora cosa che cos'è che mi colpisce? Il fatto che non diciamo, lo diamo per sottinteso, che quello che qui viene detto è del 1975, cioè il nuovo diritto di famiglia. E, perché me lo ricordo così? Perché io mi sono sposata esattamente un mese dopo che era uscito il nuovo diritto di famiglia. Per me era stato molto importante ... io avevo venticinque anni, non è che a quei tempi fossi particolarmente attenta a questi aspetti, no, però avevo una sensibilità. Io mi son sposata civilmente, solo in municipio, come si diceva, e il fatto che non avessi dovuto subire la lettura degli articoli in cui si diceva che io dovevo sottostare alla patria potestà dell'uomo, mi era sembrata una cosa grandiosa. Infatti dentro di me ricordo che avevo pensato: meno male, sennò cosa avrei fatto? Mi sarei alzata, non so...

Quindi, benissimo mettiamoci il 1975, che, guarda caso, è metà del decennio, tra il settanta e l'ottanta, cioè il nostro. A proposito dei cambiamenti, delle trasformazioni: il ‘75 era l'anno dopo il referendum sul divorzio, 1974, ed era cinque anni dopo la legge sul divorzio, che è del ‘70. Questo perché mi è venuto in mente? Perché l'altra volta, alla tavola rotonda di domenica scorsa (G genere e globalizzazione), a un certo punto qualcuno ha detto "E' stato fondamentale lo slogan il privato è politico”, poi qualcun altro s ha detto: “Beh, precisiamo: il personale è politico”. Ecco, per me è fondamentale la differenza, perché non è vero che il privato sia politico, è il personale che è politico. E allora a me quello che viene in mente immediatamente adesso è che mi sono trovata per caso a metà degli anni settanta a sposarmi in una situazione in cui veramente il personale era politico, dove il politico dava un contributo importante alla mia visione personale, che era in quel momento di assoluta parità. Perché in quel momento io mi sentivo pari al mio compagno. Mi sentivo parte delle donne che potevano dichiararsi pari agli uomini. Non avevo ancora scoperto il concetto di diversità.

Pina Solo una parola. “Privato” anch'esso è politico, ma sotto un titolo diverso. Il privato è politico in un altro senso.

Anna C. sono d'accordo.

Pina Se noi sottolineiamo questo, comprendiamo che ogni argomento che portiamo può essere visto o sentito sotto punti di vista diversi. Se ci abituiamo a questo lui, che è molto rapido, più rapido della nostra memoria, ci manda subito il messaggio: attenta che sei fuori.

Anna C. "Lui" vuoi dire il cervello?

Pina sì sì, la mente, l'inconscio, quello che vuoi.

Anna C. Son d'accordo. Chiosa: il Dominique Strauss Kahn che stamattina sui giornali ecc. viene scagionato, adesso lo liberano ma poi ci sarà il processo … ecco: beh lì, il privato è politico.

Pina sì, sì, sì, sì certo.

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Luciana B. Scusa, Anna tu prima hai detto la legge sul divorzio è del settanta … quindi già nel '70 era possibile...

Paola ... divorziare

Luciana B. Stavo pensando che io mi sono sposata senza pensare che potevo divorziare, che c'era la legge. Cioè per me non esisteva. Avevo...

Paola In che anno ti sei sposata?

Luciana B. Mi sono sposata nel 72, maggio del 72.

Paola Non ti eri accorta che potevi divorziare.

Luciana B. No, non mi ero accorta di niente e non sapevo niente assolutamente. Tutto è avvenuto dal 1976 in poi. Gli anni prima proprio ero assolutamente in una profonda ignoranza, e in altri problemi. Per cui, come ho già detto la volta scorsa, io mi sono sposata in un modo proprio inconsapevole, quasi, della mia scelta. Di dove mi andavo a mettere. Inconsapevolezza delle leggi, delle regole, del rito, del ruolo all'interno del matrimonio tra il maschile e il femminile.

Poi via via negli anni una scoperta interessante, ma anche tragica. Scoprire che ho vissuto una vita che non era mia, che non era consapevole. E allora poi, pian piano insomma,  mi sono svegliata, come dire. Perché voglio dire questo? Sto parlando in termini del tutto personali, ancora. Ecco, ero del tutto inconsapevole che sposandomi uscivo da una condizione e mi mettevo in un'altra condizione, con tutti i suoi riti che, anche se non li conoscevo, li ho subiti. E la società a questo punto mi guardava e si aspettava qualcosa da me di diverso rispetto a prima. E tutto questo io l'ho scoperto col tempo. Cioè avevo un bel dire: io non credo nella religione, non sono cattolica. Non mi volevo sposare in chiesa, poi l'ho accettato, perché non me ne importava niente. Perché pensavo che comunque potevo, come dire, sfuggire da tutto questo. Perché il matrimonio, il fatto di andarmene di casa, per me era già assoluta libertà, era già una libertà che mi sembrava di aver conquistato. Invece entravo dentro a un ambito completamente diverso, più impegnativo che l'essere figlia, che non essere sposata, stare con la famiglia. Diventare improvvisamente una persona che “è” una famiglia. Che è dentro il matrimonio, che è riconosciuta, che è visibile nella società, e che quindi io avevo dei doveri e delle competenze. E così mo marito doveva avere delle competenze. Che poi erano tutte più o meno, forse già scritte, indicate nel momento che ti sposavi nella cerimonia del rito. Che io assolutamente non ricordo: "Ma no! Hanno detto queste cose? Mi han fatto dire queste cose?". Cioè veramente è stata una scoperta negli anni. Ma dov'ero, da cosa altro ero presa? Indubbiamente dalla voglia di fuga che ho avuto poi per anni, per anni, sino poi ad approdare ad altre scelte. Chiudo questo piccolo intervento solo sul personale.

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Gabriella B. A proposito di esperienza personale. Più mi sforzo di ricordare cosa è stato per me il matrimonio più mi rendo conto anch'io, come Luciana, di aver vissuto questa cosa solo con una parte di consapevolezza. E un pezzo di me era assolutamente inconsapevole. Per me non è stato una fuga, per me è stato salutare un modo di vivere. Ho dato il saluto alla mia adolescenza, alla mia infanzia, all'Istituto dove ho studiato, alla mia famiglia, alla parrocchia, a Tortona che significava tutto questo.

E mi apriva finalmente una strada sicura rivolta alla vita che ormai conducevo a Genova dove lavoravo, con fatica. Finivo di fare la pendolare, finivo di non avere più casa, perché vivevo in una camera presso una famiglia. Rifugiata in una situazione affettiva molto ricca, perché il compagno che mi stavo scegliendo mi voleva molto bene. Ma era così giocherellone anche lui che non ha sicuramente contribuito a darmi la consapevolezza di questo rito. Che per me è stato molto importante. Primo perché la mia educazione cattolica mi aveva fatto capire che in quel sacramento c'era un aspetto dell'amore di dio. Quindi l'amore coniugale e il dono reciproco del matrimonio apriva in me la consapevolezza dell'amore di Dio. Che era una cosa che mi avevano predicato, ma che non avevo mai sentito. Per me la vita era una fatica, e dio speriamo che ci sia. Ma io in quel momento forse incontravo questa pienezza nella mia vita. Non mi ricordo il matrimonio civile, abbiamo fatto i due passi: uno in Comune uno in chiesa. O forse abbiamo fatto tutto in chiesa …

Voci Ma no, tutti lo fanno solo in chiesa!

Anna C. Perché è concordatario. Se tu vuoi, tu puoi farlo separato, molta gente fa solo il matrimonio religioso perché, per esempio, se fai il matrimonio solo religioso, non concordatario, tu sei vincolata dal sacramento, per te credente, ma non dalle cose civili.

Gabriella B. Ma che fortuna aver qui una che celebrava i matrimoni! E guarda quante cose imparo alla mia età! Perché strana la memoria. Io però del matrimonio ho questo ricordo del saluto, del congedo, che è stata per me un cosa vissuta molto bene, perché ha radunato intorno a questo evento una famiglia dalla Francia, da tante parti d'Italia, persone che erano parenti che io non conoscevo, e che son ritornate. Il saluto dei due fratelli, di mio padre con suo padre. Tutte queste cose. L'unico velo è il ricordo di un momento di freddezza di mia madre, che mi colpito, mi ha lasciato turbata, che ho capito solo dopo, perché mia sorella, che non si era sposata, più vecchia di me, soffriva il fatto di vivere una cosa mia che non era mai stata sua. E questa cosa allora io non la capivo. Mi ha turbato sicuramente una felicità.

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Paola pensavo … matrimoni ne ho due, tutti e due civili. Il primo, mi son sposata nel '75, eravamo innamorati, e volevamo stare insieme. Il fatto di sposarsi, era per togliermi, teoricamente, poi le cose non erano così semplici, da un governo della mia vita da parte della mia famiglia, che non riuscivo ad affrontare in altri termini. Mi ricordo benissimo che son stata io a chiedere: “Per favore sposiamoci”. Per poter avere una libertà di frequentazione reciproca. Io sono arrivata vergine al matrimonio, ma il mio innamorato si era fermato qualche volta a casa mia, che era confinante con quella dei miei. E i vicini si erano preoccupati di dire ai miei che io ricevevo il mio amante a casa. Pensa te!

Luciana B. Con l'aria angelica che avevi …

Paola Con l'aria angelica che avevo. A parte questo, mi ero posta anche la questione: “Lo facciamo in chiesa, per il bello della cerimonia?” Però a quel punto eravamo andati a parlare con un prete, spiegandogli la situazione, e giustamente questo aveva detto “Se volete sposarvi in chiesa dovete sottoscrivere una serie di attestazioni e di impegni”. E allora ho detto: “Una cosa così non la farò mai”. Io questa cosa non la faccio, questo atto ufficiale, quest'atto profondo, non solo esteriore, non voglio farlo. E quindi ci siamo spostati civilmente. Ma appunto il primo matrimonio è stato un matrimonio, in cui c'era la famiglia, genitori di qui, genitori di là, non lo ricordo il giorno del matrimonio come un giorno ... infatti poi mi è venuta la febbre! Era un matrimonio in cui c'erano molto queste presenze famigliari, questa necessità di fare questo passo del matrimonio per poter avere una mia libertà. Che poi il discorso era più complicato.

Il secondo matrimonio, che è stato sempre civile invece è stato una bella festa. Nel senso che lì abbiamo deciso di sposarci Ivo e io, dopo 10 anni che vivevamo insieme. Dopo una crisi che avevamo avuto, c’è stato il desiderio di fare questa festa. A quel punto famiglia ce n'era più poca in giro. Il desiderio era di essere noi due che invitavamo gli amici. C'era ancora sua mamma, della mia famiglia era venuto mio fratello con sua moglie e due nipoti. Ma in questa stanza c'erano più che altro amici, che erano una quarantina di persone. Al mattino siamo usciti di casa tutti e due, noi due insieme.

La sera prima Ivo mi ha fatto la serenata con la chitarra giù da basso, mi ha cantato “Deh! Vieni alla finestra…”dal Don Giovanni, la romanza del Don Giovanni. Ivo non è un Don Giovanni, assolutamente, ma questa cosa è stata molto carina … poi siamo usciti quella mattina e siamo andati a mangiare, a ballare … E’ stata una festa. Quello che, né nella prima volta, né nella seconda ho proprio sentito, forse anche perché i figli non c’erano nella mente e non ci sono mai stati per una serie di motivi … era che facendo il matrimonio io assumevo qualche particolare impegno nei confronti della società, che il mio status cambiasse in qualche modo, salvo – la prima volta - il fatto di cercare di sottrarmi al governo e alle imposizioni di mia madre in particolare. Ma non ricordo, nel modo più assoluto, di aver avuto l’emozione o il sentimento che io, sposandomi, andassi ad acquisire nei confronti del mondo, della società in senso lato, uno status, o degli obblighi, o delle responsabilità particolari.

Rispetto alla questione del diritto di famiglia, sì, anch’io ho avuto il pensiero: "meno male che non mi verranno a dire che sono soggetta al marito … ". Questo c’era anche nel Matrimonio Civile. Quello che una avrebbe potuto fare non lo so, non lo so davvero, perché sentirsi dire queste cose pesantissime...

Posso dire quello che succede in Grecia, nella formulazione del matrimonio religioso. Lì è difficile che la gente si sposi civilmente. Quando il prete dice una cosa di questa natura (della moglie soggetta al marito, non so le parole esatte), c’è una tradizione da diversi anni ormai, che la donna in quel momento pesta il piede del marito, allora nella chiesa tutti ridono, applaudono … la cosa è ridicolizzata, tipo: “Sì, sì, tu dì pure, ma nella realtà sarà la moglie che in famiglia sarà vincente.

Ma non nella società, con tutti i diritti. E la gente commenta: l’ha pestato il piede? Non l’ha pestato? L’ha fatto? Non l’ha fatto?

Gabriella B. Che burloni!

Paola Te lo dico io! (tutte ridono)

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Arianna Io mi sono sposata perché è un atto importante nei confronti della società.

Gabriella B. In che anno?

Arianna Nel 2008 - Dopo l’incontro della settimana scorsa ho parlato con i miei amici, ho chiesto: “Tu ti sei sposato? Perché?". La maggioranza dei miei amici mi ha detto “Per questo, per quello … e tu, ma perché ti sei sposata?”. Alla fine è una domanda che ho scoperto. Anche mia nonna: “Proprio tu ti sei sposata?” “Sì, proprio io, perché è importante sposarsi. E’ importante proprio per gli articoli 143, 144, 147. Per me questi articoli, quando la sindaca li ha letti, erano quello che volevo, volevo questa cosa, che fossero scritti, nero su bianco, che fossero firmati. L’unica cosa che non mi piace di questi articoli, è che avrei preferito che il matrimonio fosse “a tempo”. Sì che c’è il divorzio, ma è una menata; avrei preferito che avesse una data di scadenza, questa cosa: vale fino al … 2020, poi è da rifirmare. Ho sempre pensato che il matrimonio è la base della nostra società, la cellula, il pilastro su cui si fonda la società.

Anna C. Il matrimonio o la famiglia?

Arianna La famiglia esiste perché esiste il matrimonio (frasi in circolo); la famiglia è la base della società, la famiglia esiste in quanto esiste il matrimonio. L’ho dato per sottinteso. La famiglia esiste in quanto esiste il matrimonio.

Voce Perché?

Arianna Ora che lo dico mi rendo conto che l’ho sempre pensato...

Anna C. Allora la tua risposta è sì.

Arianna Io mi sono sposata perché secondo me la famiglia esiste all’interno del matrimonio. Ovvero secondo me il matrimonio è l’istituzionalizzazione della famiglia. Perché se non mi sposo questa cosa, ufficializzata, non esiste.

Luciana B. Ma è ufficializzata se sono di sesso diverso.

Voce Perché c’è scritto?

Gloria Se parla di marito e moglie …

Arianna La famiglia, il matrimonio sono uguali, sono diversi? Cos’è il matrimonio rispetto alla famiglia? Punto di domanda. E’ vero che possono esistere famiglie al di fuori del matrimonio, per carità di dio … legittime … lungi da me dire che non sono legittime. Infatti a tutte le persone che convivono chiedo: “Perché non vi sposate?” Visto che avete la possibilità di farlo e di renderlo legittimo? Visto che questa funzione esiste. Se no, se il matrimonio è l’istituzionalizzazione della famiglia, e la famiglia è la base della società, senza matrimonio che società esisterebbe? Sarebbe uguale? Sarebbe diversa?

Pina Rispondiamo: tentativi storici nel tempo.

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Paola Micro-inserto: in realtà, il fatto che decidessimo di sposarci, non era solo perché volevamo andare a mangiare fuori, era la presentazione a una comunità, che però era la comunità a stretto contatto con noi. Era la presentazione al giro dei nostri rapporti. Questo è stato il (mio) matrimonio.

Anna C. Scusa una cosa: tu hai detto: “tutti gli amici…” Tutti gli amici sapevano che convivevate da 10 anni, che bisogno c’era di andarlo a dire davanti all’ufficiale di Stato Civile?

Paola Perché c’era un passaggio in questo andare davanti all’Ufficiale di Stato Civile. Il passaggio era: “Va bene, ci abbiamo pensato proprio su, e abbiamo proprio deciso che noi due siamo questa coppia".

E’ stata un’ufficializzazione, però quando mi sono sposata non ho pensato alla società tutta, vasta.

Luisa Questa mattina non avevo nulla da dire intorno al matrimonio e invece adesso sì. La mia esperienza è simile a quella di Paola, come fosse una via di fuga, che era anche l’unica … Un momento, io avevo anche pensato di andarmene di casa prima di sposarmi, però mia madre quando una volta gliel’ho detto, mi ha minacciato di buttarsi dalla finestra. E io ho desistito. Avevo poche possibilità di scelta. Per lo meno pensavo così. Mi sono sposata appunto utilizzando questa cosa come una via di fuga, ma mi sono assolta perché io ero innamorata di Aldo. Per cui ero molto ammirata quando voi prima analizzavate tutte quelle cose, cioè che cosa abbiamo detto durante il matrimonio, cose terribili che avranno detto sicuramente, però era come se queste cose non mi interessassero, io avevo in tasca questo viatico, questa assoluzione. Però ho sottostato a moltissime cose, perché già avevo da farmi perdonare dai miei una cosa molto grave, di sposare un comunista. Mia madre tutte le volte che lui entrava in casa si faceva il segno della croce. Io mi ero presa già tante libertà e non mi sono neppure posta il problema di non sottostare ad altre cose. Non volevamo fare un matrimonio tradizionale, invece l’abbiamo fatto per questi motivi. Era una condizione. Non era possibile fare diversamente. Non riuscivo a vedere altro.

Paola Ti sei sposata in chiesa?

Luisa Sì, sì, non era possibile diversamente. Per lo meno, riuscivo a vedere solo così. Pensandoci adesso è come avere due binari per cui io sono andata su quel binario lì, ma se io ci fossi riuscita - non dico se avessi potuto, perché non è così - io non mi sarei neppure sposata. Non mi interessava moltissimo avere la patente ufficiale. La volevo avere, però non è che me ne fregasse granchè. Io avrei potuto andare a vivere benissimo con lui senza sposarmi.

Tutta questa idea del matrimonio, dell’ufficialità non era una cosa che mi interessasse veramente. Questa cosa la penso adesso, ma credo che la pensassi anche allora, sebbene non me lo permettessi. Pensavo proprio che certe cose non me le potevo permettere, quindi ho seguito questa via così tradizionale.

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Luisa Io ho molto presente il giorno del mio matrimonio, le sensazioni che ho avuto. Mi ricordo bene quando sono andata in chiesa, quando sono arrivata, c’erano tutti i parenti, e quando ho letto quel libro della Accati, “Il mostro e la bella “, dove lei dice che la ragazza è la vittima, è proprio come se queste due cose si sovrapponessero, si integrassero, perché io ero proprio la vittima in quel momento. C’è questa consegna … e ho proprio capito che io ho percorso tutta questa strada trovando un mucchio di escamotages per poter passare in qualche modo, ma io lì sono stata proprio la vittima.

Voce Che vittima?

Luisa Perché c’è questa cosa del passaggio. Non è stata una scelta. E’ stato proprio come qualcuno che per darti questa libertà, ti chiedesse questo prezzo.

Luciana B. I rituali del sacrificio.

Luisa Il prezzo del passaggio da mio padre a mio marito. Io non lo vivevo così perché c’era questa cosa dell’Amore. Questa cosa dell’innamoramento. Mi liberava da queste cose perché …

Voce Sovrastava.

Voce l’Amore salva ...

Luisa Sovrastava, ecco. Ma è una palla! (tutte ridono)

Pina Bè! Qui succede di tutto … (tutte intervengono c’è casino brusio)

Luisa Non è che io non fossi innamorata di lui. Non è questo.

Pina Qui facciamo teoria.

Giovanna Vai avanti, spiega, spiega.

Voce La palla che l’Amore …

Luisa Era il modo perché io potessi fare queste cose. Se io non avessi avuto questa giustificazione ...

Giovanna Tua madre si sarebbe suicidata. Hai salvato un mucchio di cose.

Pina (sottovoce) La società.

Luisa Per questo in quella situazione sono stata la vittima.

Giovanna E ora che ci pensi … sei incazzata?

Luisa Sono moderatamente incazzata, perché oggi sono ancora con lui, con tutti i problemi e le difficoltà che ci sono, e tutto sommato mi pare di aver fatto una buona scelta nel prenderlo … ma ragazzi! E’ tutta una vita che continuo ad aggiustare a destra e a sinistra.

Luciana B. Ma perché si resta?

Luisa Questa cosa ce l’ho addosso come uno stampino, per cui continuo ad aggiustare anche quando potrei farne a meno. Potrei aggiustare di meno, ma questa cosa diventa uno stile di vita per cui devo aggiustare, devo continuare ad aggiustare.

Vorrei dire un’altra cosa che forse non c’entra niente, ma che ho urgenza di dire. Siccome ho letto un'intervista a Luciana Percovich: “All’inizio erano le madri”, ho avuto dei sentimenti differenti. Allora sono andata a rileggere “L’Ardore”, nel punto in cui diceva che ci sono due modalità di pensiero: “il connettivo” e il “sostitutivo”, e ho capito perché ho avuto questi sentimenti contraddittori. Io ho preso questi due termini come se fossero una modalità “femminile” e una modalità “maschile” di pensare. Ad un certo punto lui dice che questi due modi di pensare e ragionare appartengono a tutti, e variamente li usiamo nella vita, ma è necessario sapere che questi due modi sono antitetici … io sono divisa sempre in questi due modi.

Pina In modo sempre … perenne.

Luisa E bisogna sapere quando usarli; e mi permetto di dire che questi due modi di pensare bisogna averli presente anche qui; La Percovich in questo articolo parlava dell’immaginario, che bisognava cambiare l’immaginario e …

Anna C. e questa cosa non ti convince?

Luisa Mi sembra troppo facile … dico che per fare quell’operazione bisogna avere presente questi due pensieri … sapere cosa si fa.

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Luciana B. Dicevo che sia nella mia esperienza personale, sia in quella di Paola e Luisa - non so in altre - il paradosso è che per cercare la libertà in qualche maniera da una famiglia, da una storia, ci siamo messe in un’altra … non gabbia, in un altro contenitore. Evidentemente dentro di noi c’era già uno spirito di ricerca, di libertà, di identità. Allora per me non c’erano altre strade. Per me, poi, il matrimonio ha coinciso con l’inizio del lavoro, per cui il lavoro per me è stato un luogo di emancipazione, non la famiglia.

Ripensandoci: alla faccia della libertà! Io mi andavo a prendere un impegno anche nei confronti di un’altra persona. La coabitazione, la fedeltà che nel rito compare moltissimo, l’uomo non separi ciò che Dio unisce …

Anna C. Questa è l'indissolubilità nel matrimonio religioso…

Luciana B. Sì, ma la fedeltà c'è anche in quello civile. Io che cercavo la libertà da una famiglia finivo in un’altra struttura praticamente uguale. Questa “ingenuità”, “necessità”… all’interno di un impegno dove ognuno ha le sue “competenze”, che non si conoscono. Quando poi si vanno a vedere “le competenze” tra maschile e femminile, tra marito e moglie, cominciano a sorgere i problemi. Le differenze di ruolo, di cultura, i conflitti personali, privati, sociali, politici via via escono … Tu hai detto che ti sei sposata perché eri innamorata, ci penso adesso: non ero innamorata, e ho resistito 10 anni, poi sono scappata, poi sono tornata … Io prendevo un impegno nei confronti della società, la società mi dava un impegno e un ruolo, l’altro prendeva un impegno … io via via ho disatteso tutto questo nel tempo.

Perché si sta nel matrimonio? Io continuo a parlare in termini personali, non sociali o storici. Tu dici che è un continuo aggiustamento. Io ho fatto una continua rottura. Tutto quello che per me significava altro: cultura, libertà, esperienze era tutto fuori dal matrimonio. Per me esso è stato una gabbia; forse ho sbagliato partner, chissà. Potevo trovare un partner di cui essere più innamorata, qualcuno interessato alla trasformazione, a crescere, e invece uno andava da una parte e l’altro dall’altra. E poi si scopre che molte persone stanno insieme per motivi diversi, non lo sanno perché. Lo stare dentro, la paura, l’attanagliamento nello stare dentro ...

Anch’io non mi volevo sposare. Volevo andare a vivere con un’amica. Parlarne con i miei, la famiglia a cui ero in affido, guai! Perché sarei stata una puttana.

Forse prima del matrimonio si ha meno paura di fare una scelta di libertà, di non sposarsi. Forse le parole del rito sono entrare dentro di me. Una volta che sei sposata c’è qualcosa per cui rimani dentro un giro di cose, hai dentro qualcosa (sovrapposizioni di voci) … un super-io …

Sì, io non sono stata attenta alle parole del prete, alle parole del matrimonio, al rito, però, evidentemente in qualche maniera sono penetrate dentro di me. Certamente tutto questo è parallelo alla mia storia personale, alle mie sofferenze, il bisogno di appartenere a qualcosa, di essere contenuta dentro qualcosa. Ecco, liberarsi di tutto questo io l’ho potuto fare con un percorso sia personale, anni di terapia, ma anche politico, che mi ha aiutato molto. Cioè, questi due territori in qualche maniera sono stati convergenti per andare verso un percorso che continuo ancora a fare: però questa cosa grossa di quel che ti chiede il matrimonio … è molto, molto presente.

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Giovanna Ci sono io. E allora: ho due immagini. Una è l’immagine del matrimonio dal quale io provengo, che è quello dei miei genitori, e quindi … una pesantezza.

L’altra è l’immagine di questo matrimonio, che sto vivendo adesso. E’ come se fossero l’immagine dello Yin e dello Yang. Il punto nero, il punto bianco. Da quando mi sono sposata fino ad adesso mi sono sentita innamorata, profondamente innamorata, di questa persona che è totalmente diversa da me. Io mi sveglio alla mattina con questa sensazione di amore, di riconoscenza, di gioia. Poi, vabbè, ci sono delle mattine più del cazzo … però in generale accade questo. Per me sposarlo è stato darsi la possibilità che un altro modo di amare, di stare in famiglia, era possibile. Quindi quando Arianna parla dei Pacs, e mi parla della scadenza, con questa sensazione di vuoto, io penso “Ma ragazzi, non è mica uno yogurth!” (risate).

Ed è successa una cosa bella in questi giorni: siamo andati a comprare un letto matrimoniale nuovo, perché l’altro era rovinato, e secondo me l’idea che ti compri un letto matrimoniale nuovo, è una cosa molto bella. Poi, non so che altro dire ... mi dispiace di questa sensazione che danno le più anziane rispetto alla gabbia, Luciana, e Luisa un pochettino, magari non ha usato la parola gabbia, però nel suo intervento c’era. Però io la vedo anche una cosa dalla quale è nato poi quello che avete fatto dopo: la vostra presenza politica, la vostra scelta di fare determinate battaglie, secondo me nasce anche da quella situazione, dal fatto che non eravate libere, e quando parlate del matrimonio si avverte che c’era una totale assenza di libertà, io ne avverto proprio il soffocamento. Mentre adesso la libertà posso dire che forse è troppa? Che è così tanta che non sappiamo nemmeno più cosa farcene di tutta questa libertà? Forse un ragionamento su questa cosa andrebbe fatto. Mi è capitato negli ultimi due anni di vedere ben cinque mie amiche che sono state lasciate da mariti affettuosi, deliziosi, che dichiaravano loro infinito amore, devozione e fedeltà. E, vabbè, sono storie dolorosissime, perché poi queste donne si ritrovano con i bambini, magari chi venticinque, chi quindici anni di investimento affettivo, e questi uomini prendono, le mollano, normalmente tutte sono state mollate per un’altra donna: come dire, non è il Pacs, ma assolutamente liberi tutti! Nel senso: nemmeno un momento di riflessione sul rapporto …

Sì, questa discussione sul matrimonio muove dentro di me un mare di livelli, il livello familiare dei miei genitori, il livello di mio marito, cioè, non è che si può stare lì a dire … parliamo del rito. Il rito, la cerimonia … Quando mi sono sposata io sono andata, ero tutta contenta, ero anche un po’ forse trulla, non è che mi sono andata a leggere il Codice: ho detto, mi sposo! E’ stata assolutamente una festa e … è stata una bellissima giornata, ero strafelice, mio marito era strafelice … forse sono stata superficiale. Adesso leggo questa roba e dico: ah! (risate) … ma non provo nemmeno dentro di me la preoccupazione, non ne sento il peso … (voci: ma non giustificarti!)

Pina La domanda è: perché sei qua. Punto interrogativo. Allora.

Giovanna allora nel matrimonio?

(Voci: no! Qua! Sovrapposizioni di voci)

Aurea Saresti da invidiare, intanto.

Giovanna Perché sarei da invidiare?

Aurea L’idea di svegliarmi e dire “sono ancora innamorata” come hai detto tu …

Gabriella … Compro un letto matrimoniale …

Aurea un letto matrimoniale nuovo … a me farebbe piacere essere in quella situazone, ad esempio.

Giovanna Sì, io sono contenta, cioè …

Gabriella Rinnovi un progetto.

Anna Cosa c’entra col matrimonio?

Luciana Perché sei qua?

Giovanna Beh, sono qua perché c’è un discorso che è partito da tempo con voi, perché c’è un approfondimento, un ragionare sulle cose; nel senso che potevamo parlare di matrimonio, potevamo parlare di maternità, per me questo percorso che facciamo insieme è un percorso assolutamente importante. Pina dove voleva arrivare?

Pina molto, molto lontano. Io sarò morta quando tu comincerai appena a …

Giovanna Ah, ecco, questo atteggiamento non so, questo atteggiamento mi lascia …

Pina Devi accettarlo. Ogni tanto, ogni tanto, mi permetto. Perché questo è politico. Il personale è politico, perciò, vuol dire dare una risposta alla mia domanda. La mia domanda è politica.

Giovanna Per me “il personale è politico” è: parliamo di queste che sono state mollate, per me è anche quella cosa lì.

Pina Il “personale è poltico” è una domanda. Ciascuno ci arriva quando può, a sentirlo, a pensarci, però è un lungo processo, ed è anche un processo collettivo, ed essendo collettivo può essere doloroso. Nel senso che può non toccare te, ma se tu diventi parte di un gruppo sociale, le donne, su cui tutta questa roba del matrimonio ha fondato una civiltà, soffrirai piano piano complessivamente, e comprenderai delle cose. E’ un processo che abbiamo fatto tutte, molto lentamente, fuori o dentro il matrimonio. Va benissimo. La mia domanda è solo una domanda, mettila lì: perché allora sei qui? Cioè: nel gruppo delle donne, nel gruppo che parte sia dal primo femminsimo, sia dal secondo, dal terzo, dal quarto … E’ solo una domanda. Magari ci pensiamo un’altra volta, ne facciamo un discorso a parte. Proprio così. Ecco: perché io sono qui? E perché Pina me l’ha chiesto?

Giovanna Va bene, passo la parola a Gabriella …

Pina no, puoi continuare …

Giovanna no …

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Gabriella L’ascoltare i vostri disorsi mi ha fatto ripensare alla seconda esperienza, diciamo, di coppia, della mia vita. La prima è stata proprio quella del congedo dalla famiglia. Un congedo da una famiglia che non mi imprigionava assolutamente. Io avevo trovato un giovane che mi voleva un gran bene, di cui io forse io non ero innamorata. I miei amori sono stati altri, amori che sono stati storie brevi. La mia storia lunga con un compagno che ho sposato, vergine, nel 1962, convinta di un sacramento importante eccetera, mi ha consentito di allontanarmi dalla mia famiglia, e di farlo nel modo in cui avevo sempre immaginato che fosse il solo modo possibile, e che mi si confaceva. Non avevo particolari drammi, se non la necessità di uscire da una fatica. La fatica della mia famiglia era che era stata attraversata dalla guerra, dal pericolo della morte, dalla persecuzione politica, dall’esserer tutti lontani.

Cioè non avevo scossoni, non avevo traumi, se non proprio quello della fatica di vivere e trovare quindi un cammino di speranza, di costruzione di un progetto. In questo progetto però poi c’è stata una crescita di esperienza. Il cammino che abbiamo fatto io e mio marito nel crescere è diventato molto diverso. Io mi sono accorta di avere delle esigenze che mio marito non era in grado di capire. A quel punto io ho avuto il bisogno di rivedere criticamente le cose che avevo, di cui non mi pentivo, ma che non mi bastavano più. Quindi ho fatto tutto un percorso che ha trasgredito. Quel “sacramento” che in quel momento era così importante, che io credevo fosse effettivamente conoscere l’amore di Dio attraverso il matrimonio, l’ho poi visto come una favola che mi era stata raccontata, e che oggi penso ancora che sia una favola, ma una favola che io rispetto.

Poi io ho tradito mio marito, mi sono concessa un sacco di cose che … ma l’ho fatto perché mi pareva tutto legittimato dal fatto che io avevo delle curiosità, il bisogno di capire delle cose che mi si rivelavano; per cui dovevo fare questi esperimenti. Non per vendicarmi di qualcosa, ma perchè era il mio cammino. L’aver poi incontrato le altre donne che facevano una riflessione politica, mi ha rivelato altri aspetti delle mie curiosità, dei miei bisogni, che man mano mi hanno aiutato a crescere.

Io rispetto a quello che tu dici di questa scrittrice che parla di quanto sia facile riuscire a cambiare l’immaginario, non mi è sembrato affatto che lei la dica facile: lei lo dice come una trasformazione che è costata millenni, per cui queste donne che erano la vita, che erano anche le regole della vita, avevano formato una società che consentiva una circolarità, e ora abbiamo bisogno di ritrovare questa circolarità, perché oggi il mondo, con i disastri che stiamo raccogliendo, vive su degli schemi rettilinei che ci hanno fatto perdere il significato delle cose e dei nostri stessi bisogni, ma ci sono voluti millenni. E una curiosità mi ha lasciato questo articolo: del perché poi gli uomini sono riusciti a distruggere tutto quello che era una società circolare delle donne che rispettava …

Gloria E’ tutto da dimostare che ci fosse questa società … (voci sovrapposte che confermano lo scetticismo)

Gabriella Guarda, questo dubbio è venuto anche a me, di dire: dove sono le fonti?

Gloria Non ci sono le fonti.

Gabriella D’accordo, però questa cosa che anch’io ho pensato mi è sembrata secondaria.

Io ho avuto un’altra unione, dopo che mio marito è mancato, con un uomo completamente diverso: e quest’unione che è durata poi tredici anni, non mi ha fatto assolutamente venire il desiderio di sposarlo. Questa figura mi ha dato forse più sicurezza di quella che mi ha dato mio marito, perché aveva un atteggiamento protettivo nei miei confronti. Ma io dopo un po’ mi sono resa conto che quell’atteggiamento protettivo m’imprigionava molto di più dell’atteggiamento spensierato di mio marito. Perché con mio marito ho fatto poi un percorso diverso, l’ho tradito senza sensi di colpa, ho cercato di fare esperienze, di conoscere chi ero io, e chi erano gli altri. Con quest’uomo non l’ho fatto, perché lui era protettivo e mi imprigionava davvero, pur non essendo mio marito, e non avendolo sposato.

Tornando a prima: il discorso della circolarità e della armonia di questa filosofa della Università delle donne di Milano mi è molto piaciuto, e penso che sia quello che stiamo cercando qua: questa circolarità di comunicazione.

Pina No.

Gabriella Se sbaglio me ne accorgerò, e qualcuno mi istruirà.

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Lauretta Penso che la mia esperienza sia diversa perché sin dai 16 anni mi mettevo via i soldi per andarmene via presto, perché mi sentivo costretta dalla famiglia. Per fortuna mia madre non mi ha mai fatto sentire che, per andarmene via di casa, mi dovevo sposare, anzi per carità! Il messaggio che è sempre passato in casa era che il matrimonio era un contratto. Poi per varie coincidenze sono andata via di casa che avevo 23 anni, e sposarmi non era nei miei piani, e comunque per la mia famiglia se mi fossi sposata sarebbe stato peggio che andare a convivere, perché non approvavano la persona, quindi invece del segno della croce quando entrava, c’erano le preghiere continue perché io lo lasciassi o che lui lasciasse me, perché non andava bene come persona. Io sono andata via di casa nel 2006, ma dal 1999 ho aperto un conto in banca. Non ho avuto mai tanti soldi come regalo, comunque ho aperto il conto corrente con duecentomila lire e tutti i soldi che mia nonna mi dava, i premietti, i compleanni, ogni resto, ogni mancia, sono stati utilizzati, non per comprarmi vestiti o altro ma per costruire il mio futuro e potermene andare di casa.

E assolutamente essere fuori di casa è una libertà che tengo stretta con le unghie e con i denti e piuttosto muoio a lavorare ma la mia indipendenza non la svenderei, non ha prezzo.

Quindi io non mi sono sposata, non mi è mai passato per l’anticamera del cervello. Ma il rapporto col mio ex fidanzato sinceramente lo vedo come avere, è una iperbole, un matrimonio fallito alle spalle. Ho convissuto tre anni e mezzo, una convivenza veramente di condivisione di ogni momento, una collaborazione totale. Non era una cosa ufficializzata, ma per me eravamo una famiglia. Ancora oggi forse penso all’idea del matrimonio, ma a livello concreto quando il mio attuale ragazzo mi ha chiesto un anno fa di sposarmi mi sono trasformata in un geco ed ho detto: perché?

Penso che non mi sposerò, a meno di un rincoglionimento, penso che non mi sposerò perché non è una cosa che sento. Se io mi sposassi sarebbe unicamente perché la persona che sta con me, che amo e con la quale voglio costruire il mio futuro, se muoio voglio che sia giuridicamente tutelata in maniera che i miei soldi passino a lui oppure viceversa, in modo che se c’è qualche problema ci sia una struttura giuridica. Se un domani avrò un figlio, se muoio voglio che se ne possa occupare il mio compagno, mi sposerei unicamente per questo, perché io non credo che il matrimonio sia l’impalcatura della famiglia, la famiglia è a parte.

Il matrimonio è un contratto che uno stipula; mia madre si è sposata a ventiquattro anni nel ’74; sarebbero andati anche a convivere, ma mia nonna si era appena divorziata, era uno dei primi divorzi in quegli anni, e per non dare a mia nonna lo choc di stare insieme senza sposarsi si sono sposati. (voci sovrapposte). Mia nonna era moglie di un militare, un carabiniere, che l’ha sempre tradita. Lei tutta la vita ha subito corna su corna, che erano scappatelle, ma quando è uscita una relazione più seria dalla quale è scaturito anche un figlio, lui ha scelto l’altra famiglia, per cui è stato un trauma per mia nonna. I miei si sono sposati e sono stati insieme. Grandi traumi non me li hanno dati, se si sono traditi non lo so e non lo voglio sapere; se mia madre morisse e mio padre si facesse un’altra donna gli ho già detto che lo stermino, deve rimanere fedele ... (voci sovrapposte)

Una signora che per me è stata una zia, una persona che è stata molto significativa nella mia vita, è morta l’anno scorso ed aveva un rapporto quasi simbiotico col marito; bene, quest’uomo appena lei è morta ha avuto relazioni con le amiche della figlia, una cosa disgustosa, ha agito in una maniera terribile.

Io non mi sposerò, non mi voglio sposare, non penso che il matrimonio sia la base della società. Penso che una tutela giuridica ci voglia, però non è il matrimonio che mi realizza, anzi! Tutti i matrimoni a cui sono andata mi hanno dato il messaggio chiaro “Non sposarti”. Non fa per me questo rito, questa inconsapevolezza … (voci sovrapposte)

Per quanto riguarda quel testo che abbiamo letto non credo che sia esistita quella civiltà, da un certo punto di vista mi è piaciuto qualcosa, che si possano creare nuovi riti, che si possa cambiare la prassi, però i riti che ci sono non li cambierei totalmente: vivere in una società matrilineare non mi piacerebbe, questa cosa tutta tra donne, è una società in cui non vorrei vivere.

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Anna C. Parto dalla mia esperienza. Matrimonio civile e Pacs. Sino a poco tempo fa io dicevo sono per i Pacs ma dentro di me pensavo: Ma se uno ha proprio bisogno di garantire la pensione, garantire qui, garantire là, beh allora che si sposi!

Non avevo il coraggio di dirlo, ma lo pensavo. Però sempre io pensavo: ma quelli che non si possono sposare bisogna garantirli! Ma sull’etero, insomma!

Poi riflettendo mi sono data una risposta per cui adesso non mi faccio più silenziosamente quella considerazione. Mi sono data una risposta che nasce proprio dalla lettura degli articoli, ancorchè emancipatori, del nuovo diritto di famiglia del 1975. Con il matrimonio lo Stato diventa garante dell’unione tra i due, ovvero: con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti, con il matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale, alla collaborazione: entrambi i coniugi “sono tenuti”, i coniugi “concordano”, il matrimonio impone l’obbligo "di istruire, educare la prole". Quindi lo stato obbliga e diventa garante di questo impegno.

Con i Pacs invece lo Stato riconosce la scelta dei singoli, e questa è la diversità. Questa è quella che io ho riconosciuto come differenza, e la mia considerazione è che tendenzialmente, se io fossi “onnipotente”, mi piacerebbe una società fondata sui Pacs e non sul matrimonio.

Viene riconosciuta la scelta dei singoli e non c’è lo Stato che impone e obbliga a fare questo e quest’altro, ma vuol dire che i singoli hanno fatto la scelta e ad un certo punto sono loro a chiedere che questa cosa sia riconosciuta, che quindi io abbia il diritto di andare al capezzale, che abbia il diritto di usufruire dell’assistenza, del denaro ecc. Vado un po’ con l’accetta. Io penso che nel matrimonio c’è sicuramente l’aspetto sociale e psicologico, come anche nei Pacs ci sono questi aspetti. Sempre con l’accetta: per me nel matrimonio mi sembra molto evidente il desiderio di mantenere o recuperare una simbiosi, più o meno perduta, con la madre; con i Pacs no. Poi magari c’è lo stesso psicologicamente, ma socialmente no.

Allora i riti fondano la società? Sicuramente, però altrettanto sicuramente anche la società costruisce i riti, circolarmente. Allora, il matrimonio religioso nasce da una società fondamentalmente rurale, il matrimonio civile da una società prevalentemente urbana.

Da questo discende la domanda: perché parliamo di matrimonio? Durante l’intervento di Giovanna Pina ha detto: perché sei qua? Allora io penso che parlare di matrimonio non sia casuale; siamo partite dai riti perché sicuramente Pina ha portato il suo contributo, ma Pina grazie al cielo è anche una cartina da tornasole ...

Paola uno psicopompo ...

Anna C. Cartina di tornasole nel senso che da un lato attira, dall’altro fa emergere, dei dati importanti. Nel momento in cui noi ci mettiamo a riflettere e a pensare - con tutto quello che sappiamo sul pensare rispetto al fare - partire dai riti è partire da qualcosa che è chiaramente centrale oggi, e non è un caso che ci pensi anche Calasso; e non è casuale partire dal matrimonio perché il matrimonio è fondante della società. Il matrimonio e/o la famiglia?

Quando mi sono sposata avevo 25 anni. Mi sono laureata, e sono stata fidanzata 5 anni; io non ho pensato al matrimonio come al modo per uscire dalla famiglia, non ho vissuto coscientemente la gabbia familiare, mio padre navigava, mia madre ... io tutto sommato mi sentivo libera. Mi sono sposata perché credevo nel fatto di mettere su una convivenza riconosciuta, con mio marito che era lui che aveva questa pressione dello sposarsi, mi ricordo le telefonate e mi diceva: “non ne posso più, quand’è che ci sposiamo?”

Dopodichè il matrimonio civile piuttosto che quello religioso … non mi sono posta il problema. Il matrimonio religioso era un sacramento quindi era escluso; il fatto di essere riconosciuta nella società mi andava bene. Tenete conto che per mia formazione mentale sono una “riformista”, credo fermamente nello Stato, nelle relazioni definite, lo credo intimamente.

Poi adesso anche per il lavoro che faccio, sapete che io mi occupo di counseling, mi rendo sempre più conto che il matrimonio bisognerebbe abolirlo per “legge” perché genera un mare di problematiche. Penso con i Pacs sarebbe meglio. Sarà un nuovo rito!

Per chiudere, sto facendo tutto sto casino per dire “se tornassi indietro mi risposerei?” Non so dare una risposta. Storicizzando: ”Il matrimonio per me è stato una gabbia?” No. “La famiglia mia di origine è stata una gabbia? No.

Oggettivamente poi io ho fatto la mia analisi, i miei percorsi ecc. ma io non ho mai sentito questo. Fa parte di una storia sociale.

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Pina Mi sono state fatte due domande: “Perché è così difficile parlare di matrimonio?” La società è fondata sulla inconsapevolezza dei soggetti socializzati, così è emerso. Qui ci sta tutto: politica ecc.

Perché si sta nel matrimonio? Vorrei mettere una parolina per dire che qui non si può ancora parlarne. Chissà per quanto la tireremo sul matrimonio, perché si è appena accennato al problema della fedeltà di lei, di lui, delle due, delle quattro, della bigamia, della trigamia ecc... sul problema del sesso garantito, non garantito, le donne, la prostituta, la masturbazione, tutto il resto. Bisogno del figlio.

Il matrimonio per le donne, perché per i maschi il matrimonio era potere, la prostituzione era la libertà di essere sessualmente padroni di sé; per le donne no, e a quanto pare non è che queste cose siano state risolte.

Una parola su quello che ho appena intravisto relativamente a quella pagina (Luciana Percovich: “All’inizio erano le madri”). Purtroppo è troppo sintetizzata, e io dovrei andare a vedere chi è questa, quali libri ha scritto, che cosa intende per quelle parole, perché altrimenti finiamo per confondere la matrilinearità con la circolarità.

Un’altra domanda. Il maschile ed il femminile, mesi fa, quando abbiamo incominciato, erano in qualche modo dentro di noi, fuori di noi, come conflittualità permanente sia di difficoltà, sia come creatività, perciò la parola matrilinearità è come una soluzione fantastica alla impossibilità di risolvere il maschile e il femminile: non si può risolvere mai. Il maschile ed il femminile dentro e fuori di noi non possono trovare la pace, ma una conflittualità permanente come creatività, e però anche come sofferenza. Perciò il matrimonio è una battaglia ininterrotta sul maschile e femminile fuori e dentro di noi, e nella società.

A proposito del riformismo: il riformismo non è che una modalità della conflittualità, c’è chi potrà essere riformista aumentando aspetti paterni, a proposito del patriarcato, altri che potranno essere più conflittuali violentemente per una “violenza materna” che affronta la morte meglio, di uccidere ed essere uccisi, e così via. E ho solo messo lì alcuni punti.

Gabriella B. Questa conflittualità per te è irrisolvibile?

Pina No, è la creatività.

Gabriella B. La ricerca dell’armonia, secondo questa donna parte dall’accettazione del limite, questa conflittualità per essere accettata e compresa che cosa è? L’accettazione del dolore?

Pina Non è così.

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Aurea La mia esperienza di matrimonio è venuta quando già avevo una mia vita fuori della famiglia, in armonia con la mia famiglia. A ventisei anni ho deciso di andare a vivere per conto mio perché sentivo che dovevo misurarmi, ero diventata adulta. E l'ho fatta insieme ai miei questa discussione. Quindi bene, molto bene. Perché loro erano pronti in quel momento, come lo ero io. Mi mantenevo, avevo un lavoro. E ho conosciuto mio marito che viveva in una famiglia cattolica molto rituale. Lui non lo era più, era uscito dall'azione cattolica. Per quattro anni ci siamo frequentati e non ... non abbiamo mai convissuto. Nel senso che non si è mai fermato da me, in casa mia, tornava dai suoi perché c'era questa presenza di una famiglia che pretendeva delle regole.

Anche se sembrava la pecora nera di casa, perché era anticonformista, perché aveva frequentato il Manifesto, in realtà non era vero. Insomma faceva tutto quello che facevano i suoi.

Quando lui mi ha chiesto di sposarci, era perché avevamo deciso di avere un figlio. Io avevo sempre detto “Io mi sposo solo se vorrò un figlio”, per dargli delle tutele, perché pensavo che fosse necessario che queste tutele venissero date da entrambi i genitori. Ora con la maturazione di tutti questi anni di matrimonio capisco che era una cosa che non avevo evidentemente sondato bene, perché non è affatto vera: una donna, e voi me lo potete dire sicuramente, può tirar su i figli e dargli tutte le garanzie, senza avere per forza bisogno di un marito. Beh questo aspetto dello sposarsi solo per la questione legale, credevo mi mettesse al riparo dai riti degli altri, da quello che gli altri credevano fosse, o volevano che fosse, il matrimonio. Invece mi sono accorta che senza volerlo sono caduta nella gabbia di quello che gli altri, tutti gli altri, si aspettano da una donna che si sposa e mette al mondo un figlio.

E ... ecco: è arrivata la gabbia dove credevo di non cascare, e invece no, col tempo ci sono caduta.

La consapevolezza di questo è venuta pian piano naturalmente. Il matrimonio in pompa magna no, assolutamente non c'è stato. A me è andato benissimo il fatto che in nove minuti mi ero sposata e non mi ricordo neanche più chi abbia detto quei nove minuti di parole. Io ero lì per fare questa cosa legale e basta. C'erano solo tre persone con noi. Quindi io credevo, facendo così, di non cadere in tutta quella forma che non mi apparteneva, che non mi piaceva. E invece è tanto forte questa pressione di questi che ti stanno attorno, di questa nuova famiglia nella quale finisci, che piano piano ne rimani ingabbiata. Poi mi sono domandata perché. (voci sovrapposte). Io avevo una mia vita. Io mi sono sposata nell’81. Erano quattro anni che ci frequentavamo. E io ho accettato di sposarmi perché non volevo metterlo in difficoltà con la sua famiglia, perché capivo che ci sarebbe stata una rottura se avessi detto no, non mi sposo e mi metto al mondo sto figlio... per conto mio. E l'ho fatto stupidamente, perché, insomma, ero già grande, avrei potuto anche ragionarci, no?

Pina Non hai fatto il '68 ...

Giovanna E poi cosa è successo?

Aurea E' successo che questa vita, questa vita di questi che pretendevano i riti da noi, mi ha dato molto addosso. L'ho subita e mi ha fatto soffrire tantissimo.

Giovanna Ma, al di là del matrimonio, quali erano i riti?...

Aurea Ad esempio il fatto che battezzassi mia figlia. Mia suocera mi ha confessato, che il giorno che è nata mia figlia aveva proposto a mio marito di battezzarla di nascosto, e mio marito aveva fatto una litigata che non aveva mai fatto con la sua famiglia, dicendo che se lo scordassero. A quel punto ho detto: “Ma scusate, se davvero sentite questa esigenza, se vi fa piacere battezzare mia figlia, io non credo che le facciate nulla di male ...” Ecco, gliel'ho lasciato fare, e lì ho cominciato a non piacermi più io. (voci sovrapposte) Avevo sacrificato una mia convinzione per delle persone che tutto sommato, tanto rispetto per quello che ero io non ce lo avevano. E da lì ho visto le cose che fino a quel momento non avevo visto. Voglio dire che la gabbia, anche per un adulto ... mi ci è voluto del tempo per capire … che bastava che io dicessi “no”.

Pina La gabbia è interiore. Dire di no alla gabbia interiore, sai quanto ci vuole?

(voci sovrapposte)

Aurea E infatti, stiamo dentro al matrimonio e adesso, dopo trent’anni, penso che non sia più giusto. E ora che mia figlia è diventata indipendente, visto che la cura dei cuccioli l’ho assolta, è giusto che questa cosa non ci sia più.

Anna C. Cioè, ci stai comunicando che ti separerai?

Aurea Penso proprio di sì, perché ho capito che è stato un errore. Un errore nei mei confronti. Vogliamoci del bene, ma io non mi sono voluta bene.

Anna C. Posso dirti una cosa? Ma perché ci colpevolizziamo così? Non è stato un errore, è stato che in quel momento …

(voci sovrapposte che incitano a non sentirsi in colpa)

Pina L’importante è se sessualmente la cosa ti va o no. Uno non scopa più e dice: bene, io me ne vado. Perché poi il matrimonio, oh, significa scopare.

(voci sovrapposte)

Giovanna Non è solo scopare, non è solo scopare!

Pina Non è solo questo, va bene, però … (voci sovrapposte)

Luciana B. Si sta nel matrimonio, lo si subisce, anche se non si scopa per anni.

Giovanna L’ideale sarebbe un matrimonio dove si scopa bene e ci si vuole bene.

Pina Certo!

(voci  sovrapposte)

Aurea Io questa maturazione l'ho avuta quando mi sono accorta che non c'era più condivisione, invece la condivisione era la cosa che io volevo nel matrimonio. Ho detto sì, e con questa persona pensavo di poterlo fare, io ero innamoratissima. So che ho fatto bene a stare trentanni con quella persona lì che ancora oggi è una persona molto civile con la quale forse tornerei a farci un figlio, però il matrimonio no.

Pina La conflittualità è permanente

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Eleana Durante questi ultimi interventi mi sono venute in mente alcune cose molto frammentarie, perchè non riesco a farmi un'idea d'insieme, perchè sono troppi gli stimoli e quindi li lascio come gli ingredienti di una torta, separati, e forse un giorno troveranno un'insieme, avremo tempo, per ora stanno bene lì, ognuno per conto loro.

Alla domanda “perchè stiamo nel matrimonio” mi viene in mente un'immagine di un'animale, una medusa che vive a delle grandi profondità, a 11mila metri, e vive solo a quelle profondità per motivi di pressione, e se dovesse risalire per qualche motivo esploderebbe. Quindi probabilmente non c'è una motivazione logica, razionale, per cui si sta in alcuni matrimoni. Faccio una premessa, parto con un pregiudizio: per me il matrimonio è una cosa negativa, qualunque cosa io dirò va interpretata con questa visione; mi rendo conto che è pregiudiziale e parziale però è la mia e deriva dalla mia esperienza, quindi prendete le mie parole come ve le propongo. E poi un' altra cosa che mi viene in mente è che abbiamo parlato più o meno tutte di una sorta di gabbia, riconoscimento nelle famiglie di origine, oppure riconoscimento nel proprio matrimonio di una prigionia, di una gabbia: collegandolo con la medusa forse questa gabbia l'abbiamo nella testa e forse si pecca un po' di quella che i greci chiamano “ybris”, presunzione, dicendo “Sì, ma io sono diversa, entro nel matrimonio ma non subirò queste catene perchè sono consapevole, adulta, responsabile, colta, autonoma, non ci cadrò io in questa trappola”. Ad un certo punto succede qualcosa di catastrofico, cioè i ruoli che impersoniamo diventano più forti di noi, non riusciamo più a distinguere la maschera che abbiamo assunto da quella che ci viene imposta nel momento che diciamo sì nel matrimonio.

Un'altro flash che è collegato a questo. Ho pensato: “come mai non riusciamo ad opporci, come mai i ruoli e le consapevolezze cozzano fra di loro in modo che non riusciamo ad uscire da queste contraddizioni?”

Probabilmente oltre la gabbia in testa c'è qualcosa di più profondo. Quando noi aderiamo al matrimonio ripetiamo parole che in modo o nell'altro sono state ripetute da millenni, rientriamo in un flusso senziente, o forse c'è qualcosa d'altro, una cosa di cui non so nulla ma che mi hanno raccontato. E’ quello che succede alle riunioni delle Costellazioni familiari: sapete cosa sono? Ai partecipanti di queste riunioni viene dato uno alla volta il ruolo di parlare e presentare la propria famiglia. (voci  sovrapposte)

Una persona, che scrive la propria storia, assegna dei ruoli ai partecipanti, che non sono suoi famigliari.

Arianna Siamo qua noi e facciamo una Costellazione allora io dico: “tu sei mia mamma, tu sei mia suocera, mia sorella, tu interpreti mio marito, mio padre, mia nonna materna, mia nonna paterna, dò dei ruoli alle persone, dò i ruoli della mia famiglia. A questo punto li metto nello spazio vuoto, prendo lei che fa mia mamma e la metto in una posizione, prendo lei che fa mia sorella e la metto in un'altro posto nello spazio, e così per tutti i membri della mia famiglia che io ho tirato fuori. Finita questacosa ci sediamo con il moderatore e gli altri, e a questo punto le persone che sono state messe nello spazio dicono quello che sentono in quel ruolo. Si crea una drammattizzazione e succedono delle cose che possono far riemergere o risolvere delle situazioni.

Eleana L'escursus serve per capire che anche in quel caso i ruoli sono più forti delle indivualità, coprono, assorbono le persone; e poi un'altra cosa che è emersa dai vostri interventi è come se nella vita di ciascuno di noi ci fosse ad un certo momento, perlomeno per chi ha avuto l'esperienza del matrimonio, per quasi tutte, uno scarto conoscitivo. Come se ad un certo punto scattasse una sorta di consapevolezza che era una favola quello che era stato raccontato, che non era così, come se ad un certo punto della vita ci fosse uno scatto, e che lo scatto fosse un po' il motore per una rimessa in discussione. Quello che ho percepito è visualizzare la liturgia del sacrificio del matrimonio con un senso di soffocamento, è questo che mi ha trasmesso la mia permanenza qui, e che comunque è la conferma di quello che mi viene per i miei trascorsi.

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Paola Il fatto di sposarsi immaginiamolo come un messaggio: che cosa sto dicendo, e a chi lo sto dicendo, nel momento che io ho deciso di sposarmi?

Nel secondo matrimonio, il matrimonio per me è stato un messaggio ad Ivo, dopo una crisi che avevamo attraversato, un impegno di fedeltà. Per quello ho detto che non me ne importava nulla della società, dello stato italiano, men che meno della Chiesa cattolica; è stato un impegno tra me e lui in questi termini, individuale.

Lo Stato è stato testimone, ma più che altro abbiamo chiamato il gruppo degli amici; avremmo potuto anche dire che facevamo la festa dei 10 anni di convivenza: c'è venuto da sposarci … era una solenizzazione ufficiale di questo impegno.

Non c'è stata nessuna pressione familiare: mia madre era ancora viva, ma non c'era più di testa, mio fratello non gliene importava nulla: da parte della mia famiglia le pressioni familiari non c'erano più. Anche dalla famiglia di Ivo nessuna pressione; c'è stato all'inizio un disagio perchè Ivo si metteva con una persona più grande di lui, che ne veniva da una separazione, all'inizio questo fatto aveva causato, per qualche mese, un'inquietudine, dopodichè nessuno ha mai messo in discussione il mio ruolo, la mia autorevolezza, mettiamola così, anche se non santificata da un matrimonio. E quando abbiamo detto “Ci sposiamo”, "va bene: vi sposate!". Non è stato un evento epocale per le famiglie e per gli amici: “Ah, si sposano, son 10 anni che sono insieme! Andiamo a fare festa!” Infatti mi ricordo il matrimonio come una cosa bellissima.

Tutte queste cose possono succedere anche in un'unione Pacs, o non Pacs, famigliare o no, possono avvenire in un qualunque tipo di relazione, e nel legame che io ho con Ivo non credo che sarebbe cambiato nulla di sostanziale in assenza di matrimonio. Per cui dal mio punto di vista, sia il primo matrimonio che il secondo io non li ho mai vissuti come una gabbia.

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Gloria Questo tuo intervento mi è piaciuto tantissimo questo confessare che nell'ambito di certe scelte la decisione rispetto alla sessualità, alla fedeltà possono anche essere fondamentali. Io volevo ribadire alcune cose che sono già state dette, soprattutto in riferimento al mio primo matrimonio che è stato nel '76: mi si è confermata nella mente proprio questa idea che è stata una fuga dalla mia famiglia. Un'altra cosa che mi sono detta per la prima volta, perchè non me la ero mai detta, è che io ho accettato di sposarmi, non mi volevo sposare, era lui che voleva assolutamente sposarsi, benchè litigassimo e fosse un rapporto molto conflittuale; io ho accettato di sposarmi perchè sapevo che il matrimonio era dissolubile, che si poteva sciogliere; non avrei mai accettato di sposarmi in Chiesa.

Io già allora avevo una contrapposizione netta nei confronti di mia madre e mia sorella che invece si sono sposate in Chiesa, non solo, ma che hanno avuto un matrimonio indissolubile, per tutta la vita. Contrapposizione indubbiamente dato che volevo scappare dalla mia famiglia e comunque questi modelli famigliari mi soffocavano e mi stavano strettissimi; quelli maschili non è che fossero neanche molto meglio, mi rendo conto che io sentivo il bisogno di una libertà. La pressione maggiore è venuta da lui e dalla sua famiglia. E qui è venuto fuori il mio poblema enorme, che io non solo sposavo lui, ma anche tutta la sua famiglia, e tutte le richieste di una famiglia borghese che voleva che io usassi l'argenteria, che voleva che la casa fosse una casa a specchio, che voleva che io accudissi il marito che era una persona con un problema di salute congenito di diabete e quindi aveva anche bisogno di un occhio in più. Da qui il mio rigetto totale. Rigetto perchè io cercavo la mia identità; io ci ho messo tantissimo a trovare la mia identità, però io ricordo benissimo che già allora, nell'ambito del matrimonio, io avevo questo conflitto permanente tra il cercare di adattarmi a questi modelli familiari consolidati, e il cercare invece una mia identità. In casa eravamo tutte di sinistra, non volevamo il matrimonio in Chiesa, non eravamo religiosi, il conflitto è scaturito in maniera fortissima. Lui era molto connivente con la sua famiglia, lui voleva comunque il matrimonio borghese, nonostante fosse un compagno, di sinistra; ho dovuto lucidare l'argenteria, invitare parenti, amici, assumere un determinato ruolo, e io non me ci sentivo proprio dentro questa cosa. Quindi sono scappata prima dalla mia famiglia, poi sono scappata dal matrimonio, poi ho fatto una figlia al di fuori dal matrimonio e di questo poi non ho voglia di parlarne. C'è stata questa differenza: io mi sono sentita autorizzata, anche se in maniera molto conflittuale - non è stato un percorso certamente lineare il mio. Il cercare in qualche modo la mia identità l'ho sentito in contrapposizione con queste altre cose. Nel tempo, leggendo diari, autobiografie di scrittrici, mi trovavo poi confermata nella idea che per poter realizzare un po' di creatività devi star da solo, se no non ce la fai proprio, ma allora mi sentivo proprio un po' fuori.

A parte aver incontrato il gruppo delle donne nel '76, e questo mi ha aiutato.

Un'altra cosa che ho cercato molto con l'uomo, è l'affetto, e devo dire che non ci sono mai riuscita; ho un grande rispetto per le persone che riescono a consolidare un affetto profondo con il compagno. Uso la parola affetto perchè l'innamoramento è una cosa ... amore che si trasforma in affetto, che diventa quella intesa, quella complicità, quel completamento che lo fa reggere.

Quindi volevo dire a Giovanna, per confortarla, che sono contenta che abbia trovato un affetto che rimane, se tu riesci a conciliarlo con la tua identità, e riesci in qualche modo a ricomporre il conflitto in quella maniera lì, va benissimo; io non ci sono riuscita però non è detto che non ci si possa riuscire.

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Arianna E’ il mio turno. Allora, si sposano le famiglie … sì, è vero, adesso arriva mia suocera, dormirà nella camera da letto di Michele, che non sarà contento … comunque è vero, c’è poco da fare! D’altra parte mio marito si è sposato la mia famiglia, è così! A proposito dei continui aggiustamenti di cui parlava Luisa, nella famiglia di mia madre si è sempre detto che bisognava arrivare a degli aggiustamenti: sono stata educata che le sorelle non litigano, i figli non litigano con i genitori, i genitori non litigano, nessuno litiga, altrimenti la famiglia non può andare avanti, c’è una rimozione del conflitto davvero totale. “I coniugi collaborano, contribuiscono, concordano alle esigenze di entrambi e vivono nell’indirizzo concordato ... nella reciproca solidarietà”. Comunque il matrimonio è un continuo aggiustamento, se non c’è aggiustamento non c’è matrimonio. Mi sembra che si tragga questo. Da questo alla rimozione del conflitto forse ci passa il mondo…

Luisa Gli aggiustamenti avvengono anche con grandi conflitti, l’aggiustamento non esclude il conflitto …

Arianna Sì, sì, al di là della rimozione del conflitto che c’è nella mia famiglia. Dico delle cose che ho scritto. La prima cosa che ha letto Pina diceva che la famiglia, Marx, i cinque pilastri, non può esistere senza mondo spirituale fra coniugi, e fra genitori e figli; non mondo materiale, ma mondo spirituale, se si pensa al matrimonio, e qui è detto esplicitamente, come un atto materiale, molto come valore contrattuale vincolante per…

Aurea Fino a ieri era solo un contratto economico.

Paola Fino a un secolo fa.

Arianna Comunque questa cosa dello spirituale è molto importante, quando l’ho sentita…

Pina Il filosofo dice “non si può abolire la famiglia” perché non ci sarebbe il mondo spirituale tra coniugi e tra genitori e figli; in questo modo salva la famiglia.

Arianna Allora pensavo che anch’io, quando avevo meno di trent’anni, e quindi potevo dire quello che volevo … (risate) pensavo che la famiglia non doveva esistere. Ma non tanto per la famiglia di per se stessa, ma per i figli, perché penso che i figli non dovrebbero essere allevati dalla famiglia. E questo lo penso anche adesso che sono madre (voce: Spartana!), eh, secondo me un po’ sì, perché questo risolverebbe un sacco di problemi. Io un po’ abolirei la famiglia … ma non il matrimonio, non so perché! Quindi che differenza c’è - butto là un po’ di domande che ho scritto - tra la convivenza e il matrimonio? Non lo so, non riesco a …

Paola Io provato a dirlo con un un esempio …

Arianna Sì, è vero, l’hai detto ...

Pina Il matrimonio è maschile, è potere, c’è l’aspetto inconscio, c’è l’aspetto subconscio, c’è l’aspetto cosciente, c’è l’aspetto storico, c’è la società. Noi non sappiamo di una società matrilineare, sappiamo che la società che abbiamo è matrimoniale, come è patrimoniale, dove ci sono i ruoli, dove la donna, o la madre, è funzionale al patrimoniale.

Arianna Ma in qualche modo il matrimonio non è anche una tutela? In un certo modo non tutela anche la donna?

Pina  Certo! Siamo tutelati! Adamo ed Eva …

Luisa Siamo tutelate perché non possiamo essere autonome.

(voci  sovrapposte)

Pina la cosa è culturale, ci vuole qualche altro millennio.

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Arianna Un’altra cosa che volevo dire, quando Giovanna parlava della troppa libertà, che si divorzia con troppa libertà; perché pensavo che alla fine le donne di fatto, spesso e volentieri, sì ci mettono un sacco di tempo nel matrimonio, perché c’è tutto quel lavoro che è la tutela dei figli, che è la tutela del … poi invece sulla fedeltà, si parla di fedeltà, che è una delle cose che io toglierei di qua, il concetto di fedeltà …

Voci e risate … Se tuo marito ti tradisse saresti contenta? Adesso che sei sposata

Arianna La prima cosa che ho detto a mio marito, appena abbiamo deciso di stare insieme seriamente, è stata: “per me puoi fare quello che vuoi, purché tu abbia rapporti protetti con le altre donne”. Lui ne è rimasto scioccato, ne ha parlato con tutti gli amici. Io lo penso ancora adesso, i rapporti protetti sono importanti, per una questione sanitaria e di figli, che creano problemi.

Pina Abbiamo tentato! Abbiamo tentato … è stata una tragedia!

Arianna All’interno della coppia aperta io, al contrario, sono una persona molto fedele, per me sarebbe un problema il perché io vado a cercare un altro uomo

voci e risate…il problema è anche perché lui va a cercare un’altra donna ...

Arianna  Questo sarebbe un suo problema …

Risate

Arianna Non è un obbligo la fedeltà! Ma se non sei fedele ti poni delle domande.

Eleana Tutto questo in senso teorico, ok. Ma in senso pratico se un giorno arriva tuo marito e gli senti addosso l’odore di un’altra donna …

Arianna mi arrabbio come una iena!

voci e risate… e gli chiedi se ha usato il preservativo?

Risate, voci sovrapposte

Arianna Sull’obbligo

Voce della fedeltà …

Arianna non della fedeltà, del preservativo: io me ne andrei di casa, gliel’ho detto: “Se scopro che hai avuto rapporti non protetti con altre donne, io non ti parlo, io prendo e me ne vado”. Se scopro che ha avuto rapporti con altre donne mi arrabbierei come una iena, litigherei, gli tirerei i piatti …

Gloria  Prima l’autorizzi, poi …

Voci sovrapposte e risate

Arianna L’ultima cosa e poi ho finito. Quando Aurea parlava e diceva del battesimo ho pensato: perbacco! Ma io ho fatto lo stesso con mio marito! Io ho deciso di battezzare Michele praticamente senza il suo consenso, poi ad un certo punto l’ho preso e gli ho detto "senti, qua bisogna sposarlo perché io ho sognato il maligno"

Voci in coro "sposarlo"?

Risate

Arianna scusate, di battezzarlo, così abbiamo fatto, anzi l’ha fatto battezzare mia madre perché noi non potevamo farlo perché non ci siamo sposati in chiesa, in ogni caso lei l’ha fatto perché io l’ho voluto. E mio marito è arrivato con una faccia grigia davanti al prete che diceva "rinunci al maligno?", e lui non sapeva cosa rispondere, e suo padre diceva "sì, sì". Poverino! Ha subito in maniera terribile questa cosa!

Gabriella Ha fatto un sacrificio! Ma Pina, di te non ci racconti niente?

Pina Non ho avuto tempo! (risate)

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Laura Quando parlo, e poi ci ripenso, sento che c’è una difficoltà, tra quello che vorrei dire e quello che dico. Quello che penso non mi esce, e quindi mi sembra di essere sempre su un piano basso, perché quello che mi suscitano le vostre considerazioni, e quello che dite mi provoca una rivoluzione, un qualcosa che poi non riesce ad uscire. Ho difficoltà di espressione, che solitamente nella vita non ho, invece qua …

Gabriella Questa è la cosa più importante di questa nostra riunione.

Luisa A questo proposito posso dirvi una cosa che mi è capitata con mio figlio e con mia nuora. Mi sono sentita accusare di cose che io non sapevo di aver fatto. Mi hanno detto, “Se tu dici una cosa, tu non sai che peso ha questa cosa per noi’”. Non avevo valutato questo fatto, ed è quello che prova Laura in questo momento, secondo me. Quando noi parliamo e diciamo delle cose, per lei, per ciascuna di noi, hanno un peso, un valore, che fa sentire sminuito quello che lei dice. (Voci sovrapposte…) Lei ha detto che pensa che le cose che dice sono superficiali

Voci No, no, ha detto che noi le pensiamo superficiali, no, allora fatela finire.

Gabriella Capisci, Laura, quello che stai scuotendo dentro a noi?

Laura Mi vengono tanti pensieri, io parlo, poi ci penso e mi dico “non era quello che volevo dire”, perché esce solo una parte, e penso che chi mi sente dirà “però questa ragazzina pivella sta dicendo delle sciocchezze”. Mi auto castro …

Gabriella Perché senti il nostro giudizio (voci).

Anna C. Lei sente un giudizio, ma non è detto che in noi ci sia un giudizio.

Laura Mi sento banale, perché non riesco a far uscire tutto quello che ho dentro.

Pina Questo è un gruppo disomogeneo, ma è abbastanza protetto. Ci vuole molto tempo, per tutte, ci vuole tempo per far uscire queste cose.

Paola Questa sensazione è condivisa. Per esempio prima volevo dire delle cose, e poi mi sono accorta che la cosa base che volevo dire non l’avevo detta.

Gabriella Anche a me accade di non riuscire a dire quello che sento. In più c’è un fatto, noi abbiamo una storia da raccontare e tu invece hai un pensiero.

Laura Per esempio, mi piace quello che ha detto Paola, che il matrimonio è una promessa personale che poi puoi formalizzare per altri motivi, questo mi piace. Mi piace il sogno di Giovanna, bellissimo. Non mi succederà mai.

Giovanna Adesso devo puntualizzare questa cosa ... (risate)

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Arianna Posso fare la domanda finale del mio intervento? L’altro giorno, parlando con Pina e Paola e Luisa, si parlava del cognome. Io avevo raccontato che quando sono rimasta incinta ho detto a mio marito “A nostro figlio diamo il mio cognome” e lui era d’accordo. Allora sono andata da mio padre che mi ha detto “Non ci pensare nemmeno” e così Michele ha il cognome di suo padre. Io avevo pensato che fosse un problema di mio padre con la sua famiglia, ma parlandone con Pina e le altre mi hanno fatto riflettere che non è questo il problema. Sono andata da mio marito e gli ho detto che il prossimo figlio lo chiamiamo con il mio cognome e lui mi ha risposto che non lo riteneva opportuno. A questo punto mi sono chiesta: “che cosa faccio? Ne faccio una battaglia?”. Ho pensato che se la prossima creatura sarà una femmina la voglio chiamare con il mio cognome, se è maschio me ne frego. Butto lì la questione, poi magari ne parliamo un giorno.

Anna C. Ma, scusa, che differenza c’è? E’ sempre il cognome di un uomo, tu le dai il cognome di tuo padre, e non a caso hai chiesto il permesso a tuo padre. Allora che cosa cambia?

Luciana B. No, no, cambia, cambia, c’è una scelta.

Arianna Ne parliamo un’altra volta, ma pensateci anche voi, così mi date dei consigli.

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Giovanna A proposito della fedeltà. Io avverto, sentendo i discorsi di prima, che il matrimonio, alla fine, forse, è una fregatura, e che: “Beata te, Giovanna, che non te ne sei ancora accorta, ma te ne accorgerai”. Ho avvertito questa cosa. Io sono sempre sorpresa dal fatto che, nonostante ci siano momenti di conflitto, nonostante ci siano delle arrabbiature, il matrimonio con mio marito funzioni. Ho proprio un senso di stupore, rispetto a questa cosa. Questa cosa della fedeltà, per me è fondamentale, non potrei mai pensare che io possa tradire lui e lui possa tradire me, è un pensiero che tengo in testa, mi rendo conto che è possibile, però se questo fatto dovesse accadere, non saprei proprio come gestire la situazione, mi creerebbe un dolore infinito! Arianna dice “per me è importante che faccia del sesso protetto”, ma chi se ne frega del sesso protetto!

Pina Si difende come può! (risate)

Giovanna Per me questa cosa della libertà, delle parole che diciamo e magari sentiamo che non ci siamo espresse bene, e magari volevamo dire delle cose diverse, a me succede sempre e poi quando mi rileggo mi dico “hai detto una serie di stupidaggini, non sei riuscita…” . Riprendendo il discorso, per me il fatto che ci siano questi uomini, e ce ne sono, li vedo attorno a me, che vanno con queste giovani ragazze, che mollano queste mogli devote. Non è il discorso della libertà, è proprio il discorso del tradimento del patto. Volevo capire con voi perché questa cosa per me è così intollerabile da pensare…

Pina Perché, per le altre no? Per le altre sì, però quando si trovano davanti a un tradimento … una volta tutti i mariti tradivano le mogli, andavano a puttane, tutti!

Giovanna Io mi chiedo perché adesso, nel 2011, io, come donna, non accetto il tradimento.

Voci Facciamo un altro incontro, per parlare di tradimento, di passione e anche delle altre donne, quelle con cui i mariti tradiscono…

Giovanna Ma io mi chiedo se anche voi soffrite all’idea del tradimento ...

Voci Tutte soffriamo, anche Giuda ha sofferto…

Arianna Secondo me il sesso non è una condizione che scioglie il matrimonio …

Pina Infatti, il sesso nel matrimonio, il sesso prima del matrimonio, il sesso come …

Giovanna Ma io non parlavo di tradimento solo come tradimento sessuale!

Arianna Per me fare la differenza fra sesso protetto e sesso non protetto è perché tu fai sesso non protetto se sei un deficiente, oppure lo fai con qualcuno di cui ti fidi, con cui vuoi fare una famiglia, di cui sei innamorato.

Luciana Solo due cose brevi. Leggendo questi testi, penso, nella mia ignoranza, che ci sia comunque un compromesso tra la cultura cattolica e quella laica, tra virgolette. Vedo che la donna e l’uomo hanno un ruolo, come esattamente è nella cultura cattolica - cristiana, non cambia niente: le aspettative, la fedeltà, ecc. .

Sul tradimento, penso che si tradisca entrambi, non è l’uomo che va con un’altra e lascia la moglie, penso che ci sia un tradimento comunque del patto, ammesso che le persone arrivino a questo patto con una maturità e una libertà che spesso non c’è. Nei nostri racconti questo è emerso, come è successo a noi, così continua a succedere. Bene o male noi siamo qui, ne parliamo, alcune di noi sono state in terapia, là dove non c’è questo è un dramma, c’è disperazione, c’è rimozione, si va avanti lo stesso nel matrimonio anche se non c’è sesso per migliaia di ragioni. Soprattutto le donne fanno questo perché l’alternativa ad essere mogli, ad avere questa visibilità, a mettersi contro la famiglia, gli amici, è un’ansia ancora più grossa. Non siamo ancora riuscite ad affrontare tutto questo, anche se aumenta il numero delle donne che non si sposano, però è come se ci sentissimo comunque, sempre, fuori dalla norma, quella importante, quella sancita…

C’è una rottura del patto. Mi sono segnata una serie di cose: chi di noi non è mai stata sposata, o chi lo è stata e ora è libera, che visibilità noi abbiamo, sia nei confronti della  società, ma anche nei confronti degli uomini? Questa è una domanda che mi piacerebbe affrontare, se riusciamo a parlare del tradimento, dell’altra, ecc.

Pina Qui chi c’è che non è si mai sposata, o non si è ancora sposata? Molto poche.

Luisa Avete notato che Luciana per dire che una donna non è più sposata ha usato il termine "libera"?

Anna C. Io sono sposata e mi sento libera.

Pina Io non sono libera, anche se non sono sposata.

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Anna C. Io ho detto che mi sento libera, non che lo sono. Vorrei fare prima un’osservazione sul concetto di ‘proiezione’. Vorrei che ci ricordassimo, al di là di usare o non usare il linguaggio psicologico, che quando diciamo delle cose, ciascuno di noi ‘proietta’, è difficile non fare delle ‘proiezioni’ sugli altri delle nostre emozioni o sentimenti, occorre un grande esercizio per non farlo, e una grande consapevolezza di sé. Per cui se io mi sento svalutata, nel novanta per cento dei casi è perché io mi svaluto.

L’altra osservazione è sulla pressione sociale, quella per cui ci si sposa, quella per cui si divorzia, quella per cui non si divorzia … tutte le varie pressioni sociali sono, secondo me, incardinate con il fatto che la pressione sociale è dentro di noi. La medusa di Eleana è questo! E’ vero che se quella sale muore. Ma se intere famiglie di meduse a poco a poco salgono, prima o poi ci sarà una mutazione genetica che permetterà alle meduse di salire in superficie.

Ultima osservazione, su perché si sta nel matrimonio, perché nel matrimonio c’è la santificazione, uso volutamente questo termine, io che non sono credente e non mi sono sposata in chiesa, della fedeltà, del sesso e della prole, e della maternità quindi. La cosa interessante è che negli articoli di legge non c’è scritto che si deve fare sesso, si parla di fedeltà e di figli, per cui a me sembra evidente che l’aspetto sessuale sia considerato molto secondario. Penso che il matrimonio abbia un’ulteriore funzione, quella di ‘contenere’ e di controllare il conflitto tra maschile e femminile.

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Aurea Voglio dire una cosa a proposito della famiglia. Io ho sentito il bisogno di avere una famiglia, una famiglia allargata, forse perché sono figlia unica. Quando mi sono sposata, frequentavo degli amici come se fossero fratelli e sorelle che hanno continuato a frequentare la mia casa e abbiamo allevato insieme i nostri figli. Proprio in quell’ambito ci sono state tutte le discussioni che riguardavano il matrimonio. Soprattutto una delle amiche mi ha detto ‘credevo che tu, con il percorso che hai fatto, saresti stata più coraggiosa’. Si aspettavano da me che non mi sarei sposata, che non avrei accettato le regole della famiglia di mio marito, perché mi conoscevano in un modo diverso. Questa cosa mi ha turbato tantissimo perché ho capito che chi mi conosceva bene mi apprezzava come ero e aveva visto come una cosa negativa il fatto che io fossi stata tollerante con le richieste di una famiglia completamente diversa dalla mia. Ho mantenuto l’amicizia con questa amica, che mi è stata di grande aiuto anche quando ho capito che in realtà nel matrimonio io cercavo l’affetto, più che il sesso. La mia esperienza è stata che finché si è parlato, ci si è confrontati, si è condivisa la propria opinione sulle cose che ci succedevano, sui figli, sul lavoro, il matrimonio ha funzionato. Quando non c’è stata più questa condivisione di idee, c’è stata la rottura. In quel momento ho capito che la donna coraggiosa che aveva conosciuto la mia amica, forse non c’era più, se fossi stata coraggiosa come lei intendeva e non mi fossi sposata, oggi sarei molto più contenta, avrei dato a mia figlia un’altra sicurezza.

Paola Credo che ciascuna di noi pensi che in certi momenti avrebbe voluto essere stata più coraggiosa.

Aurea Per quel che riguarda la fedeltà, questa è una cosa di cui con mio marito avevamo parlato e, ancora oggi, abbiamo una condivisione di idee, perché riteniamo che se uno dei due avesse avuto una pulsione emotiva nei confronti di qualcun altro il nostro matrimonio sarebbe già finito da tempo. Però, quando non c’è più l’affetto, la mancanza è tanto grande, che allora lì avviene la rottura. Per questo io tengo separate queste due cose, cioè il fare l’amore è una cosa stupenda che ha bisogno di tutte quelle pulsioni, poi c’è quell’affetto che ti scalda e ti aiuta, che ti fa superare le difficoltà. Quando viene a mancare l’affetto, allora il matrimonio non ha più senso. Invece la famiglia la salvo, continuo a sentire un gran bisogno di famiglia. Io ho avuto una buona esperienza dalla famiglia da cui provengo, che mi ha dato tantissimo, forse è per questo che continuo a salvare la famiglia sopra ogni cosa.

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Luciana Quando non c’è più attrazione sessuale, quando non c’è più sesso nel matrimonio, sono di più le donne che mettono in crisi il matrimonio. A una conferenza al Punto G c’era stata una donna che ha detto "Possibile che noi donne non riusciamo a fare sesso senza legarlo per forza all’amore, ai sentimenti?". Un’altra donna, Dacia Maraini, era intervenuta dicendo ‘Ma perché dobbiamo perdere questa competenza femminile di non disgiungere il sesso dall’emotività e dall’amore? E’ una caratteristica che noi abbiamo, perché dobbiamo buttarla via?’.

Voci Sono d’accordo … io no … io ho provato a tenere disgiunte le due cose ma non ci sono riuscita…

Pina Io che non mi sono sposata e ogni volta che ho fatto all’amore, tante volte nella vita, o avevo una passione, o la cosa mi risultava difficile. Una volta ho cercato di fare all’amore con uno, senza amarlo, non ci sono riuscita, ho provato tutta la sera, ma non mi veniva proprio. Io so che si può fare sesso senza essere innamorati, però se uno è sposato, allora fa all’amore credo molto, senza essere innamorato, però se si innamora se ne va.

Luciana B. Allora perché lo fa? Per affetto?

Pina Lo fa per tante cose, ci sono mille sfumature, ma io, purtroppo, non ho questa esperienza.

Paola A me è capitato due volte di fare sesso così, per curiosità… Francamente non sono dei ricordi proprio imperdibili

(risate).

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