Un anno in un secolo: il 1976                                                         Torna alla pagina iniziale

 

Il 1975 e il 1976, al centro di questa metà secolo, furono per alcune di noi gli anni della discontinuità, della scoperta del pensiero femminista, gli anni dei “coordinamenti donne” nelle fabbriche e nel sindacato, gli anni delle “150 ore delle donne”. I frammenti dei nostri ricordi, degli appunti, dei documenti che, insieme ad altre, scrivemmo allora, raccontano la volontà e la speranza che condividemmo con tante altre donne di riuscire a portare un cambiamento rivoluzionario nel lavoro, nella cultura, nella società. Nei primi anni ’80 questa esperienza ebbe termine. Ciascuna ha poi percorso strade diverse, ma le relazioni tra noi non si sono interrotte. Poi abbiamo incontrato alcune donne più giovani. E’ possibile un passaggio del testimone?

 

Scritti  ed  immagini  sono stati  presentati  nella  sezione  "15  donne" della  mostra  "Ragazze di fabbrica - Voci e  volti  del ponente  dal dopoguerra ad oggi"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giugno 1982, l'unica fotografia collettiva delle compagne del “Coordinamento Donne FLM”

 

Nina               Entrai nel cerchio, mi sedetti ed ascoltai

Luisa                 Ma ormai l’onda era partita

Pina                   Una agenda del 1976 si è salvata tra le vecchie carte

Gabriella L        Quel decennio è stato la mia università

Luciana             Quando nel 1976 ho incontrato le donne

Aurea                Venni bollata "passionaria femminista"

Gabriella B       I collettivi si erano diffusi ovunque

Anna                 A me non sembrava di avere paura

Paola                 Mettere piede sul continente nascosto

 

 

Nina

Entrai nel cerchio, mi sedetti ed ascoltai

 

Mi sembrava di essere perfettamente felice, ma qualcosa doveva lavorare dentro a mia insaputa: non mi spiego altrimenti l'effetto che mi fece un libro letto per caso, "La mistica della femminilità" di Betty Friedan. Era la prima ricerca sociologica sulla vita delle casalinghe americane scritta con un taglio "femminista", per me era il primo testo del genere, ne sono rimasta folgorata. Più che leggerlo lo divoravo con la sensazione chiarissima che tutte quelle cose io le sapevo, le avevo sempre sapute e vissute, facendo finta di niente. Mentre me le ritrovavo davanti stampate sentivo che non potevo più guardare la vita dall'argine e dovevo, volevo, tuffarmi nel fiume di energia che percorreva quegli anni. Da quel momento tutto accadde, era il 1973. Come per caso, in quei giorni, un trafiletto del "Manifesto" informava della nascita di un "Collettivo femminista" presso la propria sede di Via Ponte Reale. C'erano tante donne, anche più giovani di me, non ne conoscevo nessuna.

Entrai nel cerchio, mi sedetti ed ascoltai.

Chiesi di entrare in un Gruppo di autocoscienza e da quel giorno iniziò per me una specie di doppia vita. Di giorno madre, moglie e lavoratrice esemplare, tesa a non permettere alle cose che facevo di sera di turbare la serenità della famiglia, di sera semplicemente Nina, alla ricerca della mia storia e della mia strada.

Tutto si muoveva dentro e fuori di noi, il sindacato si faceva unitario, nei partiti entravano le nostre voci, cominciavano le discussioni spesso feroci nei gruppi della sinistra... Nel 1975, durante una grande assemblea del “Movimento” nel teatro dell'AMGA (credo fosse per l'aborto) conobbi due compagne metalmeccaniche che avevano costituito un gruppo in cui si approfondivano i temi del lavoro e si discuteva del rapporto delle donne con la Tecnica. L'incontro e il confronto con queste compagne mi diedero gli strumenti e il supporto per fare il passo necessario: mi candidai al ruolo di delegata sindacale ed entrai nel Consiglio di Fabbrica dell'Italsider Sede. Insieme alle compagne di altre realtà lavorative costituimmo il “Coordinamento donne lavoratrici”, aperto anche a casalinghe, studentesse e disoccupate che diventò il nostro punto di aggregazione e di elaborazione. Ci riunivamo in casa di una o dell'altra, tirandoci dietro mariti ansiosi e bambini addormentati, sino a che chiedemmo ed ottenemmo da l'FLM provinciale “spazio fisico e politico” proponendo strutture di fabbrica, di zona e attività di formazione e dopo una gestazione molto laboriosa (era giusto ed opportuno entrare nelle istituzioni?), costituimmo il “Coordinamento Donne FLM”. Il racconto, lineare e semplificato, non segna le difficoltà, le liti, le incomprensioni e la fatica che facevamo per avanzare a piccoli passi.

Il primo grande incontro nazionale ufficiale fu un corso di formazione CISL al Centro Studi di Fiesole nel 1976...

Il secondo, forse più mitico nella memoria, fu il corso FLM, sempre a Fiesole, dove ottenemmo di portare anche i bambini.

Per chi lo fece fu incredibilmente faticoso, ma volevamo essere coerenti con uno dei nostri principi, che cioè le donne sono e vogliono esserci tutte intere in ogni cosa che fanno.

Immagini:

- Frontespizio del libro “La mistica della femminilità” di Betty Friedan, edizione 1978. La prima edizione in Italia è del 1964

- 1974 - 1979 Tessere della F.L.M.

Leggi il racconto integrale                                                                         torna all'inizio

 

 

Luisa

... Ma ormai l’onda era partita

 

Il primo incontro fu all’ora di pranzo in una pizzeria fra alcune impiegate che si conoscevano già da tempo, per ragionare insieme e progettare un questionario sulla situazione delle donne in fabbrica, la loro posizione lavorativa e le loro possibilità di avanzamento.in Sede ed in altri stabilimenti le donne stavano muovendosi!!! Forte era l’emozione di scoprire che si poteva discutere e progettare insieme. Alla prima assemblea di sole donne vennero in 100 su una presenza totale in Stabilimento di 160, un record per qualunque assemblea sindacale! Ma il numero delle partecipanti non fu una grande sorpresa, perchè gli incontri per preparare il questionario avevano già evidenziato che maturava interesse. Per me fu una piacevole sorpresa constatare l’interesse profondo delle donne per la qualità del lavoro e per la possibilità negata di una crescita professionale. Già da quei primi momenti fu chiaro che le rivendicazioni non sarebbero state esclusive per le donne ma l’ambizione era di parlare delle condizioni di uomini e donne, anche se avevamo la chiara percezione delle forti discriminazioni nei nostri confronti in fabbrica e fuori. Per questo era importante avere dei momenti per “sole” donne. Cominciò così un braccio di ferro con tutti per spostare la frontiera dei diritti delle donne. Anche nel sindacato molti vedevano con irritazione il movimento delle donne; una delle scuse utilizzate era che prima dovevamo cambiare le condizioni generali della classe operaia. Ma ormai l’onda era partita, e sempre più forte era la consapevolezza e la forza che ci dava il “riconoscerci” fra di noi, essere tante e molto determinate.

Settembre 1976: i giorni del Seminario a Fiesole hanno segnato un vero e proprio “prima e dopo”. Lì ho capito che quello che timidamente avevo pensato nella mia testa, poteva avere diritto di cittadinanza, anzi poteva orgogliosamente essere rivendicato. Non dovevo più sentirmi come messa da parte a risolvere i miei problemi perchè erano “problemi di donna”: per dirla con una frase di allora, avevamo scoperto che il “personale era politico”. A Fiesole era stato previsto un servizio di babysitter, questo mi permise di andare con mio figlio che all’epoca aveva quattro anni. Si aprirono fronti di contrasto in famiglia, sul lavoro, col sindacato e con altre donne che non avevano fatto questa esperienza e che ti guardavano come “una che viene dalla luna”. Molti cercarono di contenere questo fiume di cambiamento, ma non era più possibile fermarlo.

In quegli anni uscì un libro di Flora Bocchio, si intitolava “L’acqua in gabbia”. Il titolo era tratto da una intervista a Nina, che diceva: se si tenta di contenere l’acqua dentro gabbie, essa troverà sempre un’altra strada per uscire ed avviarsi al suo destino. Era l’immagine più felice e rappresentativa del movimento delle donne. Oggi penso che in quegli anni abbiamo costruito un nucleo forte di relazione fra un gruppo di donne che resiste al passare del tempo e agli assalti delle varie stagioni della vita. E sento che è stato un grande dono.

Immagini:

- 1976 Luisa con suo figlio Luca

- Giugno 1979 frontespizio del libro “L’acqua in gabbia"

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Pina

Una agenda del 1976 si è salvata tra le vecchie carte

 

Una agenda del 1976 si è salvata tra le vecchie carte, un fermaglio n. 6 ne pinza le prime pagine con un residuo di agendina.

Mi costringo a sfogliare le pagine non troppo velocemente. Ci sono citazioni del primo Socialismo tedesco degli anni ’20 del900 e poi domande mie e di donne compagne insieme a date, appunti, nomi, numeri telefonici, appuntamenti, commenti.

Scegliere. Scelgo. Domande: ”Che cosa è la tecnica? Quanti usi facciamo di questo termine? La tecnica presuppone la scienza? Divisione del lavoro come tecnica del potere? Tecniche del lavoro domestico come tecniche di subordinazione…” Ho l’impressione che oggi, anno 2008, la cultura degli uomini si occupi anche di alcune di queste domande. Noi volevamo integrare nel lavoro politico con le donne qualunque spazio lavorativo: i servizi, la scuola, luoghi di lavoro che non erano fabbriche. Come dicevano gli antichi greci per un attimo penso che un dio Pan avesse suscitato in molte di noi un soffio di passione alquanto intriso di onnipotenza… “23 giugno 1976, cara Gianna, dobbiamo vederci per discutere il documento FLM, come vogliamo le assemblee di donne in fabbrica secondo quel discorso dell’isolamento delle donne nel lavoro…. Le 150 ore, i contatti con la Val Bisagno, gli incontri con l’U.D.I., con il Coordinamento femminista, strumenti, luoghi come i Consultori…”. Notti insonni e sere appassionanti ci confermavano che molte donne volevano aprire il cortile di casa alla Politica.

Non trovo la data del “Convegno di una giornata a livello regionale, delle delegate e lavoratrici delle fabbriche metalmeccaniche . Vi si discuteva il documento FLM nazionale per l’elettronica, nell’ipotesi di estenderlo a tutte le categorie: “… Si ritiene indispensabile, per la ricchezza del dibattito, che il Convegno debba essere aperto alla partecipazione delle donne in quanto tali, di tutte le categorie, comprese casalinghe, studentesse, disoccupate”

Non avevamo infatti capito che il personale è politico, il privato un aspetto del pubblico?

Per ciascuna di noi che ha vissuto quel tempo, negli spazi di pensiero ed emozione che sono stati un teatro spesso pericoloso, non credo che ci sia rammarico per aver vissuto quel tempo in quegli spazi.

Fu un privilegio storico della nostra generazione.

Immagini:

- 1980 Pina ad una riunione del “gruppo menopausa” delle 150 ore

- 1977 volantino di convocazione di una assemblea di donne all'Ansaldo di Campi

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Gabriella L.

Quel decennio è stato la mia università

 

... e poi l'incontro con le compagne, la scoperta di un altro linguaggio, anzi le parole che avevano un nuovo e più profondo significato, un altro modo di stare fra donne, le 150 ore.

Quel decennio è stato la mia università, la mia educazione nel senso più completo della parola

 

 

 

 

 

Immagini:

- 1976 volantino del primo seminario "150 ore" delle donne a Genova

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Luciana

Quando nel 1976 ho incontrato le donne

 

 

 

 

 

 

 

Quando nel 1976 ho incontrato le donne del movimento sindacale che portavano nelle fabbriche le idee della emancipazione femminile ho subito riconosciuto che la mia esperienza di donna nel mondo del lavoro aveva trovato un luogo di riconoscimento per un progetto di cambiamento politico, economico, sociale e personale.

Immagini:

Primi anni '80, lo striscione delle 150 ore per il diritto allo studio in uno sciopero

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Aurea

Venni bollata quale passionaria femminista

 

l 1976 è stato un anno importante per le donne dell’Elsag: con l'aiuto del Consiglio di Fabbrica e grazie alla nascita del Coordinamento Donne FLM, abbiamo potuto fare una indagine sulla condizione femminile in fabbrica.

Dico “abbiamo” perché ho partecipato alla stesura, distribuzione e raccolta di un questionario, chiamato "Riunione delle donne" dal titolo dato ai nostri incontri preparatori.

Fino a quel momento avevo potuto e dovuto occuparmi solo di me stessa e dei miei genitori, ma in fabbrica mi stavo interessando ad un mondo del lavoro che fino ad allora avevo solo letto sui quotidiani. Ne uscirono dati e situazioni che ci consentirono poi di chiedere alla direzione del personale, con maggiore cognizione di causa, l'applicazione della legge di parità nei vari reparti.

Mi coinvolse il Coordinamento Donne FLM, che si stava occupando di argomenti essenziali per il movimento femminile; ho creduto in quel tentativo di migliorare la società ed in particolare l'ambiente di lavoro, ma per tutti, donne e uomini. Noi donne ragionavamo ed affrontavamo gli argomenti senza mai dimenticare che gli uomini, anche quelli del sindacato, avevano poca propensione a dividere spazi sia fuori che dentro l'ambiente di lavoro. Mi sono convinta che le donne abbiano maggiore capacità di esaminare i problemi nei dettagli e conoscono bene i confini dettati dalla praticità e dalla convivenza

 Lavoravo in un ambiente prevalentemente maschile e maschilista, con i colleghi non perdevo l'occasione di fare rilevare comportamenti discriminanti per le donne e presto venni bollata quale "passionaria femminista", ma venivo stimata per il fatto di non temere il confronto anche quando veniva coinvolto un superiore. Mi regalarono una targhetta di metallo con scritto: la femminista la preferisco bella.

 

Immagini:

- 1977 frontespizio della indagine sulla condizione della donna all’Elsag

- Anni '70 la targhetta che i colleghi regalorono ad Aurea

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GabriellaB.

I collettivi si erano diffusi ovunque

 

Nel 1975 in Sede malgrado le perplessità del Sindacato si fece la prima assemblea di sole donne. Per vincere la diffidenza dei compagni in fabbrica ci volle un anno e nel febbraio 1976 riuscii ad ottenere la prima assemblea di sole donne nel teatro del CRAL .

Non ero più sola, l’esempio della sede aveva aperto la strada.

Proponemmo il questionario. Il gruppo di lavoro di sole donne trovò un suo linguaggio, ognuna usciva dall’isolamento con un’immagine fotografica della realtà femminile, inconfutabile.

Nel 1975 incontrai tante altre compagne: Nina, Pina, Anna, Adelaide. La cassa di risonanza dei nostri incontri era il Sindacato FLM. I collettivi si erano diffusi ovunque con una forza incontenibile di cui non eravamo del tutto consapevoli.

I tentativi dei dirigenti sindacali di tenere lontana l’influenza femminista dalla lotta di classe, elemento pregnante dell’attività sindacale, non resse l’impatto con la determinazione delle donne nel volersi appropriare di spazi istituzionali nel Sindacato. Nel 1977 – 78 eravamo diventate una forza senza aver ottenuto lo sperato riconoscimento. Perché volevamo essere riconosciute da chi spaventavamo? Quel gruppo di donne acculturato, politicizzato, femminista era ingovernabile. La nostra denuncia e lotta nasceva nell’intimità casalinga, nei luoghi di lavoro, nella scuola, nei partiti, nel quartiere. Io mi incontravo con le colleghe in Consiglio di Fabbrica tutti i martedì e portavo l’eco del Coordinamento impegnato per la Legge sulla violenza sessuale, sull’aborto, mentre mio marito, noto caricaturista, divulgava sul giornale aziendale le vignette che rendevano furiose molte colleghe non inclini al senso dell’umorismo. Il gruppo più che di politica voleva discutere di part-time, di orario elastico.

Nel Maggio 1976 mi proposero di andare al Centro studi di Fiesole per un seminario femminile della FLM. Là provai la strana sensazione di riconoscere un pezzo di me lavoratrice e donna in ogni intervento.

Ognuna di noi ritornò a casa carica di appunti e del bisogno di riflettere e di rincontrarci… Nacque un profondo legame di solidarietà, stima ed amicizia che fece di noi un gruppo di traino per molte altre e per molto tempo, finché purtroppo gli eventi ne impoverirono il potenziale. Il terrorismo prima e la crisi infine disorientarono tutti. Nella seconda metà degli anni 80 il prepensionamento riportò tutte liberamente o forzatamente a casa. Quella fu un’altra storia.

Immagini:

- 2 dicembre 1977  Gabriella in treno per la manifestazione nazionale per il contratto dei metalmeccanici: per la prima    volta le donne fecero uno spezzone separato nel corteo

- 25 – 26 ottobre 1978  Intervento di Gabriella alla IV Conferenza organizzativa della FIM

- 6 -11 settembre 1976, Fiesole: incipit del documento di apertura del primo seminario di delegate e lavoratrici della   F.L.M.

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Anna

A me non sembrava di avere paura

 

Prima del 1976, anno delle prime assemblee di donne in fabbrica, della nascita del Coordinamento donne lavoratrici e poi del Coordinamento Donne FLM, per me c’è stato l’autunno del 1975. Nella sede delManifesto’, in via Ponte Reale, io partecipavo a vari tipi di riunioni.

Ma adesso io appartenevo al mondo della Fabbrica, ero una “metalmeccanica”, non avevo più un gruppo di appartenenza, ero un po’ spaesata.

Qualcuno mi dice che c’era una compagna che faceva l’impiegata in Ansaldo che voleva costituire un gruppo di lavoro per discutere e riflettere sul “rapporto donne e tecnica”. Fu così che conobbi Pina. Era molto più vecchia di me (così allora mi sembrava), sapeva tante cose, citava Pasolini, diceva che le donne erano sempre state escluse dalla “tecnica”, non solo perché così voleva il potere maschile ma perché esse stesse si auto escludevano, perché avevano paura.

Solo attraverso la conquista della tecnica le donne potevano pensare di uscire dal ghetto familiare dove sempre, dopo ogni uscita, sarebbero state ricacciate.

A me non sembrava di avere paura, né che il mondo del lavoro così maschile in cui ero inserita mi tenesse fuori dai cancelli del potere e delle scelte. Come mi sbagliavo!!!

Cominciammo a riunirci e a discutere. Solo Nina aveva fatto parte dei gruppi di donne che avevano fatto il neo femminismo a Genova a partire dagli anni ’70, ma la loro esperienza era entrata in qualche modo a far parte di noi

 

Avevamo bisogno, subito, di fare due cose: farci ‘vedere’ nei nostri luoghi di lavoro, dentro il nostro sindacato; e aprirci, trovare luoghi dove incontrarci e confrontarci e avere forza con tante altre donne lavoratrici e studentesse e casalinghe.

Eravamo una meravigliosa sintesi di cultura delle donne e di cultura del nuovo sindacato unitario dei metalmeccanici.

E così cominciammo a tessere la nostra tela e a dire e a fare azioni ‘dirompenti’.

“Volete fare un’assemblea di sole donne? Ma siete pazze! La classe operaia non si rafforza con le divisioni, tanto meno di “sesso”.

Un questionario per le donne, anche noi lo facemmo in fabbrica, dove donne eravamo proprio poche e convincemmo i rappresentanti del consiglio di fabbrica a darci i permessi sindacali.

In Italsider Sede il 27 aprile 1976 si fece nel teatro del circolo aziendale, di fianco a villa Bombrini, la nostra prima assemblea: mi ricordo che ero agitata, dovevamo decidere che cosa dire e con che ordine parlare.

Ma poi tutto fu facile, le altre donne ci ascoltavano con attenzione, si stabilì subito una corrente di comprensione, di affetto, tra noi, le organizzatrici e tutte le altre partecipanti.

Quando l’assemblea finì e si sciamava verso l’uscita, una donna mi ha preso le mani tra le sue e con le lacrime agli occhi mi ha detto: “Grazie! Hai detto quello che avevo nel cuore da anni e non riuscivo non solo a dire, ma nemmeno a pensare, così chiaramente”. Ci siamo abbracciate. E’ uno dei più bei ricordi di quegli anni.

Del seminario FLM di Fiesole ricordo il clima festoso, il gran discutere e il divertirsi alla sera a fare i tarocchi. Ricordo le tante donne intelligenti arrivate da tutte le parti d’Italia.

Ricordo lo stupore di scoprire che in tanti posti diversi contemporaneamente ci facevamo le stesse domande e ci davamo le stesse risposte.

Nel novembre 1976 nasce il primo corso 150 ore delle donne: “Il territorio delle donne”. Titolo più bello non poteva avere, il nostro territorio da scoprire era dappertutto, a partire dall’Università di Lettere che non ci voleva concedere l’autorizzazione e il riconoscimento giuridico (necessario per avere il permesso delle ore pagate dalle aziende). E allora noi siamo andate ad occupare il Consiglio di Facoltà in via Balbi. In quell’aula magna avevo discusso la mia tesi di laurea solo due anni prima e a me sembrò mille anni prima, una vita prima. Sentivo nel corpo la lontananza tra quel mondo di studio e il mondo del lavoro a cui adesso appartenevo

Immagini:

- Frontespizio del libro "Noi e il nostro corpo"

- 1 luglio 1977 dedica di Anna e Nina a Gabriella sul libro "Noi e il nostro corpo"

- 1976 / 77 volantino del primo corso “150 ore” delle donne “Il territorio delle donne”

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Paola

Col sentimento dell'urgenza organizzai la prima assemblea di sole donne

 

Il 14 aprile del 1976 ricevetti dalla CGIL una convocazione per un “Seminario sulla condizione della lavoratrice” a cui avrebbe partecipato Maria Lorini “dell’Ufficio femminile della CGIL Nazionale”. La lettera di convocazione conteneva un passaggio relativo alla necessità … “di recuperare i ritardi registrati che provocano, tra l’altro, disorientamento fra le lavoratrici anche con pericolose manifestazioni velleitarie e settarie”. Il riferimento, lo capii in seguito, era ai collettivi autonomi di donne che erano nati all’Ansaldo di Campi e alla Italsider.

Un mese dopo, il 30 maggio, un’altra riunione della CGIL: questa volta si trattava di decidere della nascita di un coordinamento delle donne: doveva essere una struttura sindacale della CGIL? O doveva essere una struttura autonoma aperta a tutte le donne?

Dai miei appunti dell’epoca, scheletrici, emerge il contrasto tra le donne che avevano un progetto nuovo, e le donne di organizzazione.

Non capivo ancora bene cosa stesse succedendo, ma stavo drizzando le orecchie.

I miei appunti al seminario FLM di Fiesole si aprono con una notazione che dice tutta la mia iniziale diffidenza: solo nove operaie su circa settanta partecipanti”

In realtà le partecipanti furono ottanta, da Torino, Milano, Alessandria, Varese, Bergamo, Verona, Trieste, Venezia, Vicenza Pordenone, Firenze, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Roma, Bari. Da Genova andammo in diciotto, ma non avevo ancora veri rapporti con le altre, molte delle quali invece già si conoscevano e avevano fatto insieme un lavoro politico.

Ricordo che mi colpì la differenza tra quel luogo, centro di formazione della CISL, e la scuola di Ariccia, centro di formazione della CGIL: lì camerate, qui piccole stanze individuali. Pensai: ecco che sono capitata in mezzo a questi individualisti, questi seminaristi…

Ma il posto era meraviglioso ed io del tutto confusa. La solitudine della stanza fu più che utile. Sui sei grandi fogli ciclostilati che contenevano “la traccia di dibattito” oggi ritrovo, sottolineate, le frasi che mi fecero ripartire da Fiesole con la certezza di avere messo piede sul continente nascosto. Al ritorno, col sentimento dell’urgenza, organizzai la prima assemblea di sole donne nella mia fabbrica, che si tenne a Novembre. Feci vedere il volantino che avevo preparato alle compagne delle altre fabbriche, quelle che avevano aperto la strada: ricordo una reazione di perplessità… forse il mio linguaggio apparteneva ancora ad un’altra scuola, ma una compagna tagliò corto e disse: va bene così.

Alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici del 2 dicembre 1977 per la prima volta le donne del Coordinamento Donne FLM organizzarono uno spezzone separato del corteo, segnando in modo visibile la loro autonomia, ma io rimasi ancora dietro allo striscione della mia fabbrica. Seguirono riunioni, indagini, piattaforme, accordi…

Nel 1980, lasciai la fabbrica e diventai sindacalista a tempo pieno nella CGIL. Fino al 1982 - 83 organizzammo le 150 ore delle donne: “Nascere, far nascere”; “Prostituzione”; “Prostituzione, criminalità e devianza”.

Ritardataria, come sempre, solo in questi anni le vissi davvero e lasciai che ne fosse toccata nel profondo la mia vita personale.

Ma ormai eravamo alla conclusione. La avventura unitaria della FLM si stava esaurendo, il mondo intorno a noi si restringeva a gran velocità.

Ancora nel 1989, per il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici, il coordinamento nazionale era riuscito a far inserire nella piattaforma alcune rivendicazioni elaborate dalle donne. Lo slogan era: “Contratto a sesso unico? Questa volta no!”. Si fece una esperienza rimasta unica: una sessione separata di trattativa tra donne della Confindustria e donne del Sindacato. Di ciò non restò traccia nemmeno nelle firme in calce al contratto. Poi, nel 1991, insieme a Luisa organizzammo una settimana di formazione: “Donne e innovazione tecnologica”.

Toccammo temi cruciali, ad esempio la non sostenibilità della crescita e del consumo energetico. Ma al sindacato tutto questo non interessava più.

 

 

 

 

Quasi vent'anni dopo ci siamo fatte coraggio, abbiamo ripreso in mano le carte, le abbiamo ordinate, ne abbiamo riletto frammenti: abbiamo fatto l'archivio che ora si trova al Centro Ligure di Storia Sociale .

 

 

 

Immagini:

- 1977 il retro dell’opuscolo “Riunione delle donne”, inchiesta sulla condizione delle donne all’Elsag

- 2 dicembre 1977 Roma manifestazione per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici

- 31 ottobre 1990 Ministero del Lavoro  delegazione delle donne FLM alla trattativa  per il rinnovo del contratto dei   metalmeccanici

- 1990 Paola e Luisa ad una manifestazione per il contratto

- Aprile 2006, i classificatori dell'archivio del coordinamento donne flm a casa di Paola prima di essere portati all'Archivio   Ligure di Storia Sociale                                                                                                                torna all'inizio